Margini sociali.

 

Si presentano casualmente dei periodi in cui all’improvviso mi sento ai margini di tutto. Per certi versi non me ne dispiaccio neppure, immaginando sia la personalità più nascosta di me che in questi casi si fa strada per rivendicare un ruolo e mostrarmi qualcosa che forse in passato è parso sfuggirmi. Così prendo la mia macchina e dopo aver fatto qualche giro vado a parcheggiare in una delle stradine più vicine al centro storico della mia città, senza neanche preoccuparmi troppo quale sia. Poi vago a piedi per tutte le vie che mi si presentano davanti, prendendo a caso per un verso o per un altro, incontrando davanti a me la gente indaffarata in chissà cosa, e lasciando che le case, i muri, i giardinetti e i marciapiedi, scorrano lentamente sotto alla mia vista, fino a quando sento che le gambe sono stanche, ed i piedi dentro le scarpe iniziano a mostrarsi del tutto indolenziti.

Quindi torno indietro, cercando di fare a ritroso il medesimo percorso iniziale, perdendomi inevitabilmente nel cercare di ricordare da dove effettivamente sia passato, fino a non avere più memoria neppure di dove possa aver posteggiato la mia auto. Mi pare di averla lasciata vicina ad un certo negozio, ed invece proprio lì dove credevo potesse essere, adesso non c’è più, ed allora torno indietro, cerco di rammentare meglio i pensieri che mi sono passati per la testa fino a quel momento, e tento di trovare un indizio utile che mi porti proprio al luogo esatto dove poter ritrovare ciò che in questo momento mi serve più di tutto, anche se alla fine devo rendermi conto che sono completamente inutili i miei sforzi. Osservo due tizi che con dei grossi martelli spaccano la porta vetrata di una farmacia, arruffano tre o quattro sacchi di medicinali sotto agli occhi sgranati ed impauriti dei commessi, ed infine se ne vanno rapidamente. La realtà corre in avanti penso, non sono certo i miei piccoli problemi quotidiani ad ostacolarla.

Mi rendo conto in tutto questo trambusto che si è persino fatto troppo tardi, che devo tornarmene in fretta verso casa, non è più il caso che mi trattenga ancora lungo queste strade, anche perché sono sempre più stanco, ed ho naturalmente voglia di sedermi e riposare. Infine salgo su di un autobus che va dalle mie parti, ma all’interno non c’è nessun sedile libero, così resto in piedi accanto al finestrino, lasciandomi dondolare nel pensiero antipatico di dover tornare domani a cercare ancora la mia auto. Quando finalmente entro in casa il senso di solitudine che non mi ha mai abbandonato fino adesso, improvvisamente sembra mollare la sua presa, e non ho neppure bisogno di affrettarmi ad aprire il cassetto della scrivania per sapere che il mio adorato specchio è proprio lì, e che mi ha aspettato con pazienza per tutto questo tempo, come un fratello affettuoso.

Probabilmente dovrei portarlo con me tutte le volte in cui non mi sento particolarmente in forma. Sarebbe sufficiente lasciarlo scivolare dentro una tasca penso, e poi tenerlo lì, magari protetto con un fazzoletto steso sopra la sua piccola superficie. Non è una debolezza la mia, è soltanto la giusta corrispondenza per sentirmi meno solo, sostenuto, incoraggiato nei miei comportamenti, e quindi non ai margini di quanto mi è dato di assistere tutto attorno al mio modo di interpretare la realtà. Il mio specchietto lucido e pulito è la mia sicurezza, la mia capacità di essere una persona come gli altri, il potenziale adatto per mandare avanti le mie cose.

Stasera mi preparerò qualcosa da mangiare penso, sedendomi poi al tavolo della cucina proprio davanti a lui che continua a fissarmi senza dare dei giudizi. Non c’è niente di male nel cercare un po’ di compagnia in un oggetto penso, ed in fondo se davvero sono giunto proprio al margine delle relazioni, non credo proprio che la colpa di ciò sia soltanto mia.

Bruno Magnolfi

Margini sociali.ultima modifica: 2019-07-10T17:16:18+02:00da magnonove
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