Niente di buono.

 

<<Sto bene>>, dice subito la mia amica Elena. Forse vorrebbe aggiungere qualcosa, ma poi resta in silenzio. È da diverso tempo che non ci vediamo, magari ci sarebbero da fare degli aggiornamenti sulle nostre diverse situazioni, ma lei si è accorta subito di come io abbia modificato qualcosa nel mio comportamento, ed adesso si è messa già sulla difensiva, o almeno pronta ad attendere che io mi spieghi per prima. Facciamo due passi lungo le strade del nostro paese tanto per andare a caccia di argomenti, così si parla della famiglia di un ragazzo che conosciamo e che timidamente ci saluta incontrandoci, poi di un uomo dal passato poco chiaro che vediamo fermo da una parte, ed infine rimaniamo zitte, elaborando autonomamente dei pensieri. <<Mi sono iscritta ad una scuola di recitazione di Pisa>>, dico io in modo diretto e all’improvviso dopo questa pausa, senza prima introdurre in qualche maniera l’argomento. Lei sorride, mi guarda, infine si ferma. <<E da dove viene questa vocazione?>>, mi fa sorridendo ma cercando un tono poco ironico. <<Non lo so; ho pensato di colpo che un’attività del genere fosse adatta per me, così senza chiedere opinioni mi sono iscritta al corso. Ad essere sincera devo ancora iniziare, però mi sono presa già dei manuali e sto studiando>>. Elena è una ragazza intelligente, per nessun motivo si metterebbe a criticare le mie scelte, però adesso sembra rimasta colpita, tanto da non riuscire a replicare niente.

Non mi chiede se io abbia qualche prospettiva, se intenda partecipare a qualche spettacolo minore che normalmente viene tirato su, durante le serate vuote, da un gruppo formato da qualche dilettante pieno d’entusiasmo, perché ha compreso benissimo che non è quello il mio scopo, che per me sono altre le attività che attirano maggiormente il mio interesse, anche se non riesce a formulare la domanda che adesso sembra quasi essenziale. <<Voglio comprendere quale sia la vera sensibilità che sovrasta l’immedesimarsi in altri; quella capacità che spinge ad abbandonare per qualche attimo se stessi, per abbracciare una diversa personalità, e diventare in questo modo personaggi>>, le dico di corsa, senza guardarla, come se questo fosse quasi un qualsiasi capriccio. Elena ci pensa, riflette a lungo, elabora qualcosa, ed infine dice soltanto: <<mi piace>>, come se il suo fosse l’apprezzamento maggiore che su due piedi si riesca ad esternare. Sorrido, lei comprende perfettamente che io mi sono già fortificata in queste scelte, e che sono riuscita a mettere a punto, da sola, nel corso di parecchio tempo, quello che sto cercando adesso di mettere in opera. Mi osserva come se avesse di fronte una persona nuova, che neanche conosce, poi si ferma, e con un’espressione carica di sentimenti mi abbraccia, quasi fosse quella l’unica maniera che conosce per apprezzare tutte le mie convinzioni.

Poi dice in fretta di sé, alzando le spalle come per togliere importanza ai suoi argomenti, che invece a lei ultimamente non è successo niente di particolare: prosegue a lavorare presso l’asilo nido come sempre, e se si toglie il rapido momento in cui giungono i genitori dei bambini a portare o a riprendere i loro figli, il resto si snoda in modo piuttosto monotono. <<Ci scambiamo qualche opinione sui progressi che i piccini compiono ogni giorno, parlandone coi parenti che con le maestre, ma non si approfondisce quasi mai alcun argomento, sempre che tutto vada bene, e che le cose procedano secondo ogni previsione pediatrica>>. Si capisce che Elena deve sentirsi fortemente annoiata di una giornata tipo dove non giungono dei veri e propri stimoli, però anche la sua incapacità di darsi delle prospettive diverse dal solito, sicuramente funziona come un’ancora per una barca che così non può mai prendere il largo. <<Vorrei ancora iscrivermi ad un corso accelerato di pedagogia infantile, ma come ne parlo in giro tutti sembrano pronti a dissuadermi, a spiegarmi con affanno che quella è una strada che non mi darà mai alcuna prospettiva, e che il tempo degli studi ormai è finito per una come me. Invidio te, invece, che autonomamente hai preso una decisione che se non altro può allargare la tua mente, oltre a farti incontrare moltissime nuove conoscenze, nei più svariati campi>>.

Poi io e lei ci fermiamo nel solito locale dove in genere ci facciamo servire una birretta e si trascorre una mezz’ora sedute al tavolino, anche se probabilmente agli occhi di Elena io sembro mostrare oggi un comportamento più sicuro di me, come se avessi ormai superato un grande ostacolo, ed ora fossi tranquilla, a posto, senza più dei grandi dubbi, o almeno quelli che avevo fino a qualche tempo fa. Mi guarda, non dice niente, sorseggia la sua birra in silenzio e forse mi invidia, così le dico soltanto che mi sento alleggerita ultimamente, come se tutti i miei crucci fossero in via di soluzione. <<Dobbiamo muoverci>>, le dico alla fine; <<altrimenti ci ritroviamo ad essere soltanto delle vecchie zie, che nella vita non sono riuscite a combinare niente di buono, neppure per sé stesse>>.

Bruno Magnolfi

Niente di buono.ultima modifica: 2023-03-21T17:37:10+01:00da magnonove
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