Usuale orgoglio.

 

Lei sta ferma, vicino alla finestra. Non guarda fuori, sa già cosa vedrebbe, però le basta che una lama di luce intensa oltrepassi la tendina e la faccia sentire meno sola, come se un semplice spicchio di quel sole ormai al tramonto, fosse già tutta la compagnia di cui adesso prova la necessità. Difficile riuscire a parlare liberamente con qualcuno dei suoi guai, almeno per una persona come è sempre stata lei. In tanti anni ha fatto l’abitudine nel tenere una posizione sempre un po’ distaccata da tutti gli altri, anche se in questo momento le novità che sembrano raggiungerla proprio così da vicino, forse avrebbero una estrema necessità di essere condivise. Che cosa importa, è giusto che ognuno si preoccupi delle proprie cose, che qualsiasi cruccio lasci sveglio durante la notte un individuo, e che quello sia elaborato dallo stesso fino a quando non riesce a renderlo neutrale. Certo, tutti sono convinti che negli anni passati le cose andassero meglio, e che non ci fosse alcuna necessità di mostrare la peggiore espressione di sé per ottenere qualche risultato. Purtroppo, ogni apparente punto d’arrivo tende inesorabilmente a modificarsi, fino ad evidenziare che oramai non c’è più alcuna umanità in ciò che ogni giorno ci troviamo a dover affrontare.

La signora Vanni adesso mette a scaldare sul fornello un pentolino di minestra che precedentemente aveva messo via nel frigorifero, e con un mestolo di legno ne gira con attenzione il contenuto, quasi con la speranza di trovarci dentro qualche soluzione ai problemi che l’assillano. Però sa già che questo è impossibile, che non esiste una panacea di tutti i mali, e che si deve soltanto fare forza su sé stessi quando si tratta di scoprire che non tutti hanno voglia di mettersi dalla parte di coloro che sono maggiormente esposti. Non è facile trovarsi così da soli quando le cose iniziano a non andare più lungo quel corso che in qualche modo aveva già costituito un’abitudine, e dover scegliere da un momento all’altro quale sia la strada migliore da intraprendere, diventa subito estremamente complicato. Sorbire la minestra è soltanto un gesto automatico, non c’è proprio alcun bisogno di farne una grande riflessione; ma decidere cosa sia meglio fare per il futuro dell’Ufficio Postale di Calci è qualcosa che lei in questi frangenti non riesce a formulare. Suona il telefono, la signora Vanni risponde in fretta, e un suo cugino, l’unico parente che ormai è rimasto, dice che non deve affatto perdersi d’animo, che tutto si sistemerà, si tratta soltanto di avere i nervi giusti per resistere. Non ci sono novità, questo è il fatto, e tutto sembra improvvisamente come cristallizzato in una vecchia fotografia in bianco e nero, che si continua a riguardare cercando di scoprirne qualche dettaglio passato inosservato in precedenza, inutilmente però, e quasi per soddisfare soltanto una consuetudine.

Avrebbe dovuto prendere un cagnolino per farle compagnia, la signora Vanni; ma quando è stata quasi sul punto di farlo, non ha provato dentro di sé quell’entusiasmo che serviva, e per un attimo ha avuto quasi paura che quel legame potesse diventare qualcosa di cui in seguito pentirsi. Lei non ha mai provato una vera e propria preoccupazione per la propria solitudine; anzi, spesso si è sentita di essere sufficientemente forte per riuscire ad affrontare qualsiasi avversità, ed è sempre stata capace di mostrarsi integra, retta, convinta della propria personalità e delle proprie scelte. Ma certe volte si riesce persino a falsificare le proprie convinzioni, scegliendo con la propria mente di essere migliori o più robusti nello scontrarsi con quello che la realtà si appresta a prepararci giorno dopo giorno. Infine, le debolezze vengono alla luce, e allora dei piccoli segnali di depressione iniziano a mostrarsi, chiarendo così la vera fragilità che stava in agguato dietro al paravento. La signora Vanni adesso è solamente una donna sola, una donna che è stata in grado di decidere per molti anni che il proprio mestiere fosse sufficiente ad assorbire tutta la propria personalità, indicandole ogni volta la direzione giusta verso cui spingere le forze, anche se molto in lei sembra rimasto del tutto inappagato.

Di colpo, però, decide di uscire; che bisogno c’è di starsene da sola ad un angolo di tavolo davanti ad un piatto di minestra, può andare fuori, passeggiare per il suo paese, incontrare qualcuno che la riconosce e la saluta e permettersi una cena come si deve nel piccolo ristorante in piazza. Si cambia d’abito, si ravvia i capelli, indossa le scarpe giuste, apre la porta del suo appartamento al piano terra, con un giardinetto inutile davanti, ed infine è fuori, improvvisamente libera dalle sue convenzioni, senza quel televisore insulso a farle compagnia. Si guarda attorno lungo il marciapiede, sorride, si dà una spinta: era proprio quello che desiderava, forse; una boccata d’aria tra le case semplici di Calci, quattro passi per mostrare a tutti che non ha paura di niente e di nessuno, e che comunque è ancora la Direttrice delle Poste, con tutto l’orgoglio che lei è capace di provarne.

Bruno Magnolfi

Usuale orgoglio.ultima modifica: 2023-03-19T17:48:13+01:00da magnonove
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