Dimensione nuova.

 

Nella sala prove, a fine turno, un gruppo di giovani fracassoni, con le chitarre elettriche decisamente troppo alte, si sta dilungando nel tentativo di rifare un pezzo famoso, mentre i ragazzi della formazione di Lorenzo sono già tutti là fuori, in attesa, escluso il loro trombettista che abitualmente arriva sempre all’ultimo minuto. Sono tutti sorridenti, a parte Franca, in un angolo come sempre, insieme alla sua custodia per la tastiera, forse leggermente accigliata, quasi come ci fosse qualcosa a tormentarla. In ogni caso gli altri si confidano l’un l’altro la loro reciproca soddisfazione, e anche la contentezza evidente per il successo ottenuto qualche sera prima nel piccolo locale dove hanno suonato, tanto che Emilio, il sassofonista, addirittura sembra non voglia più neppure smetterla di riferire delle lodi ricevute da diverse parti, qualcuna anche dalla carta stampata. Arriva Andrea un po’ trafelato, insieme ad un tizio ben vestito che gli altri non conoscono. Si presenta, dice di essere un produttore, e che vorrebbe commissionare una registrazione dei brani che ha ascoltato l’altra sera nel jazz club. Tutti sono increduli, ed anche se il tizio rappresenta una casa minore indipendente, per loro quello è senz’altro il trampolino che forse attendevano. Si accordano per effettuare una prima seduta già nel corso della settimana successiva, naturalmente in uno studio adatto, decisamente più professionale di quello dove loro fanno le prove, poi il tizio guarda il suo orologio, dice di essere in ritardo per qualcosa, ma penserà lui all’organizzazione di tutto ciò che serve, poi saluta Andrea, di cui trattiene il numero di telefono, e anche gli altri ragazzi, e quindi se ne va, lasciando ognuno alle proprie considerazioni.

<<Abbiamo di fronte una grossa responsabilità>>, fa subito il bassista. <<Bisogna affinare le cose al meglio possibile, magari riguardando tutto, eliminando di mezzo qualsiasi sbavatura>>, dice Andrea, il trombettista. Franca e Lorenzo sono i più giovani del quintetto, per loro è quasi un sogno quello che stanno vivendo, tanto che lei all’improvviso appare quasi commossa per questa piacevole sorpresa, forse un regalo che proprio non si aspettava di ricevere. Poi entrano nella sala anecoica che intanto si è liberata, così ognuno sistema il proprio strumento, si guardano tutti tra loro sorridendo, senza neppure riuscire a decidersi da dove iniziare per provare i loro pezzi. <<Ragazzi>>, fa Andrea; <<è evidente che il post-free adesso sta marcando un certo interesse, almeno in questa città. Dobbiamo essere capaci di non farci sfuggire questo momento>>. Tutti sono d’accordo, così iniziano subito modificando leggermente la frase di apertura del loro brano più riconoscibile, una corsa dei due fiati dietro ad una batteria a dir poco incalzante.

Franca comunque stasera suona in un modo quasi più intimista di altre volte. Scivola sopra le note senza appoggiarsi mai sui tempi forti, e mette in relazione dei suoni spesso lontani tra di loro, come se le occorresse tutta la tastiera per organizzare anche semplicemente un solo accordo. I pezzi sono tutti buoni, ed è sufficiente ripassarli una volta soltanto per ritrovare immediatamente lo spirito con cui sono stati ideati. Nessuna dimostrazione di tecnica strumentale, questo il loro segno distintivo; piuttosto un impasto di suoni dove ogni musicista mantiene la propria individualità, ma senza mai alcun tentativo di coprire il fraseggio di tutti gli altri.

Lei si sente quasi una privilegiata, e questo forse le pesa, anche se non può far niente per togliersi di dosso questa prerogativa. Pensa ancora a Simone, e le pare adesso soltanto uno stupido, anche se prova per lui persino un po’ di pena. L’unica cosa che Franca sente di poter fare in questo momento, è quella di suonare il pianoforte al meglio delle proprie possibilità, perché rimane questo il suo vero scopo, questa la finalità verso cui si sente proiettata. In due ore filate i ragazzi suonano quasi tutti i pezzi che hanno composto in questi ultimi tempi, si fermano soltanto qualche volta per sistemare qualcosa o per migliorare qualche passaggio, poi smettono, perché alla fine va già tutto bene anche così, non sembra proprio ci sia bisogno d’altro. Anche Franca ripone con attenzione la tastiera dentro la sua custodia, quindi osserva tutti per un attimo, e poi dice: <<volevo ringraziarvi; sono molto contenta che mi abbiate inserito nel vostro gruppo. Per me è come se avessi scoperto d’improvviso una dimensione nuova, qualcosa che non sapevo neppure potesse davvero esistere>>.

Bruno Magnolfi

Dimensione nuova.ultima modifica: 2021-12-05T17:55:05+01:00da magnonove
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