Probabilmente sono sbagliata.

 

“Desiderate che vi aiuti, forse”, dice la donna gioviale alla persona anziana che accudisce ogni giorno. Il vecchio tira su lo sguardo dalle sue carte che continua ad accumulare sopra al piano di legno dello scrittoio, osserva per un lungo momento la sua nuova badante che ancora neppure conosce bene, come valutando dentro di sé qualcosa di impalpabile, oltre le semplici parole che ha appena ascoltato, ed infine le rivolge un cenno minimo, un piccolo gesto ad indicare un tomo che sembra resti impilato in mezzo ai moltissimi volumi della libreria a parete che ha di fronte. Lei si sposta in avanti appena di un metro o due, ha già terminato di riassettare le poche cose in disordine in cucina e nella camera da letto, ed adesso che il professore si è sistemato nello studio proprio come fa ogni mattina, si ritrova a non occuparsi più quasi di niente, escluso portare a lui ogni tanto un bicchiere d’acqua, o preparargli una tisana, cercare in un cassetto un temperamatite, oppure liberare il piano del tavolo dai libri che il vecchio tende sempre ad accumulare accanto a sé, ed ingegnarsi per cercare di riporli nelle posizioni esatte che le vengono indicate per ogni titolo. “Si potrebbe parlare”, le fa lui con voce stentata e senza guardarla; “magari scambiarsi delle opinioni che in genere teniamo in serbo per dei momenti un po’ particolari”.

La donna sorride, forse perché non crede di aver capito proprio esattamente quello che le si chiede, così si avvicina al professore guardandolo fisso, come per il desiderio di comprendere meglio quanto le è appena stato detto. “Mi potrebbe dire qualcosa sulla sua famiglia”, le fa lui; “qualcosa che lei pensa qualche volta, ma che di solito non tende a rivelare”. La donna si muove con infinita calma attorno allo scrittoio, tenendo una mano dentro l’altra come per stropicciarle leggermente ma senza farlo, poi si ferma un attimo, e infine dice: “ma non può essere niente di interessante per una persona come voi”. L’uomo si stringe nelle spalle, aggiusta qualcosa sulla scrivania, poi assume un’espressione seria. “Può darsi”, le fa subito l’anziano professore come per sgombrare il campo da qualsiasi equivoco e per evitare di essere preso per un qualsiasi curioso; “però certe volte dietro a certe cose semplici ed usuali si possono annidare delle grandi verità. E in ogni caso non esiste alcun mestiere al mondo in cui non venga chiesto di inserire nel suo percorso un po’ di noi che lo svolgiamo, qualcosa proprio della nostra personalità”.

La donna resta in silenzio, pare riflettere per qualche momento, poi dice soltanto: “da piccola ho pensato certe volte che io fossi del tutto sbagliata per il mondo in cui mi ero trovata costretta a vivere”; ma questo lo rivela con un’improvvisa espressione terribilmente seria, come se dietro ad una verità del genere si annidassero ancora numerose sofferenze ed umiliazioni. Poi sorride, come per rendere meno pesante qualcosa che d’improvviso le pare persino troppo forte per una come lei. Il professore invece l’osserva adesso con maggiore interesse, strizzando i suoi occhi lenti e lacrimosi, come se avesse compreso soltanto in quell’attimo che chi si trova davanti in questo frangente forse può essere uno scrigno pieno di elementi degni di nota; quindi lascia in aria una lunga pausa senza dire niente, ed infine le chiede a quale età abbia iniziato invece a pensare che quelle erano soltanto delle sciocchezze di bambina. La donna adesso va a prendere il libro che le era stato indicato, si schernisce, forse vorrebbe addirittura non parlare più di quell’argomento, come fosse qualcosa che in fondo non valesse nemmeno la pena di perderci del tempo.

Il vecchio professore continua a guardarla con curiosità, aspettando da un attimo all’altro una risposta, un cenno, un gesto di qualsiasi tipo, ma la donna si limita a fermarsi per un attimo con ancora il libro nelle mani, per dire poi soltanto, a chiusura di quell’argomento: “mai, signore”.

Bruno Magnolfi

Probabilmente sono sbagliata.ultima modifica: 2020-11-12T20:28:41+01:00da magnonove
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