Silenzio forzato.

 

Alla fine, è arrivato Fernando, proprio nella maniera come immaginavo facesse, d’improvviso, senza neanche una telefonata di avvertimento. Mi ha salutato allo stesso modo di ogni altra volta, si è seduto davanti alla mia scrivania, ha osservato attentamente quasi tutto dei nuovi uffici, poi mi ha chiesto quali novità ci fossero in agenzia e come andassero le cose, nonostante in questo breve periodo appena trascorso lo avessi sempre tenuto aggiornato per via telefonica. Ha dato poi anche una scorsa al registro generale, e quindi ha salutato i ragazzi che ormai se ne stavano andando, giunti alla fine del loro orario di lavoro. Ma non mi è parso troppo interessato a tutto questo; piuttosto mi ha dato l’impressione di una persona preoccupata per qualche motivo, ma non certo per l’agenzia immobiliare che ha appena completamente finanziato, o per l’avvio dell’attività. Gli ho detto più o meno tutto quello che desiderava sapere, gli ho fatto vedere i resoconti del lavoro svolto dai ragazzi, una massa di informazioni che stavo selezionando poco per volta con grande attenzione, in modo da prendere seriamente in esame tutte le notizie giunte sulle possibili compravendite. <<Ci sono tre acquirenti molto interessati, che per mia esperienza credo proprio che porteranno fino in fondo le loro transazioni>>, gli ho sottolineato con leggerezza, anche se lo aveva già letto sopra ai documenti. <<Nel quartiere però, come tutte le nuove attività, siamo guardati un po’ a distanza, anche se qualcuno passando si sofferma già a leggere le ottime offerte sulle vetrine>>.

<<Va bene>>, ha detto lui; <<avevo calcolato che ci sarebbe voluto quasi un intero anno prima di andare a regime; perciò, sono abbastanza soddisfatto dei risultati di queste prime settimane>>. Però ascoltandolo, mi pareva, all’improvviso, di stare al cospetto di un uomo d’affari con cui non avevo praticamente niente da spartire. Lo studiavo con intensità, cercando di comprendere, magari da un dettaglio minore, da un’inflessione della voce, o da un’espressione, qualcosa in più; eppure, molto di lui, mentre stava così di fronte a me, pareva sfuggirmi quasi del tutto. <<Ho visto mia sorella Laura>>, è sbottato Fernando a un certo punto, quasi con indifferenza. <<Mi ha chiesto di te, come te la stavi passando, e se questo nuovo lavoro ti provocava almeno un po’ di entusiasmo>>. Sono rimasto in silenzio aspettandomi un seguito, ma forse lui attendeva da me una qualche reazione che invece non giungeva. Poi mi sono alzato, ho detto che forse era meglio se spegnevo le illuminazioni, così lui mi ha osservato senza dire niente, ed infine ha detto soltanto: <<Laura vuole rivederti>>, come se fosse la cosa peggiore che potesse capitarmi. Mi è parso legittimo, mentre azionavo gli interruttori; in fondo, dalla nostra separazione, non ci eravamo quasi più incontrati, e non ci trovavo neppure niente di male, visto che adesso ero in affari con suo fratello.

<<Va bene>>, ho detto dopo qualche minuto; <<magari potremmo vederci tutt’e tre>>. Lui mi ha guardato ancora, con lo sguardo piuttosto serio, poi ha detto soltanto: <<No; soltanto tu e lei>>, inchiodandomi a qualcosa oramai già definito. <<È qui fuori, dentro una macchina; adesso io e te chiudiamo tutto, mettiamo gli allarmi e tutto il resto, e poi tu vai a cena insieme a Laura>>. Sono rimasto di sasso, ed anche se non avevo alcun programma per la serata, ho cercato di passare in rassegna, in meno di un secondo, quello che avrei potuto inventarmi come una scusa plausibile, non trovando nulla. Ho sistemato le carte sulla mia scrivania, in silenzio, senza più guardare Fernando, poi ho spento le luci ed ho lasciato che lui uscisse sopra al marciapiede. Soltanto quando ho terminato di sistemare tutto, mi sono voltato verso la strada. Lei era dentro un taxi, non mi guardava, ma ha fatto un cenno, poi ha semplicemente aspettato che io aprissi lo sportello ed entrassi in macchina. <Ciao>>, ho detto semplicemente, e lei mi ha risposto nella stessa esatta maniera che mi attendevo, voltando la sua espressione fredda per un momento verso di me. Aveva prenotato in un ristorante dove non ero mai stato, e durante il breve viaggio abbiamo parlato esclusivamente di cose generiche.

Quando ci siamo seduti ad un tavolo appartato, lei ha ordinato qualcosa al cameriere, insieme ad un a bottiglia di vino, ed io ho chiesto di servirmi la stessa cosa. <<Sono in debito con te>>, ha detto lei. <<Mia zia avrebbe tanto voluto lasciare in eredità la tenuta vinicola in Maremma a tutt’e due, ed io non ti ho neppure detto nulla, neanche quando è morta. Per questo ho pregato mio fratello di mettere su qualcosa proprio per te, per ripagarti, almeno in parte, visto che la mia azienda sta andando benissimo in questi ultimi tempi>>. Mi sono sentito raggirato, reso incapace di avere persino un’opinione, stretto tra decisioni già prese, però ho fatto un sorriso; e poi, sono rimasto in silenzio.

Bruno Magnolfi

Silenzio forzato.ultima modifica: 2022-11-04T15:59:24+01:00da magnonove
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