Ritorno rassegnato.

 

Diverse volte giro con sospetto ed attenzione attorno al nostro camper avanti di aprire lo sportello e poi rientrare dentro, appena un attimo dopo aver concluso da solo una breve e piacevole passeggiata insieme al nostro piccolo boxer silenzioso che ancora tengo al guinzaglio. C’è un’auto parcheggiata adesso, proprio a poca distanza, e non sento giungere dall’interno del nostro mezzo alcun rumore. Più ci rifletto e più mi sento poco tranquillo, così ritorno indietro di qualche passo, assicuro Ettore ad un albero poco distante, e poi, senza provocare alcun rumore, torno verso la piazzola del parcheggio, poco lontano da una meravigliosa spiaggia sulla costa di Paimpol, in Bretagna. Mi riavvicino con estrema cautela, e poi cerco di guardare all’interno del camper da uno spiraglio del finestrino in cui una tendina ha lasciato una piccola fessura di visuale. Sembra proprio che all’interno in questo momento non ci sia nessuno, e considerato che avevo lasciato gli altri tre impegnati a preparare qualcosa per il pranzo neanche una mezz’ora prima, la cosa mi fa sicuramente preoccupare. Così, usando molta cautela, vado ad osservare anche la vecchia Citroen ferma lì accanto, anch’essa vuota, e quasi per una sorta di prudenza memorizzo il numero di targa; poi mi muovo verso la spiaggia, considerato che lungo la strada costiera non sta transitando al momento alcun veicolo. Scendo verso l’oceano lungo un piccolo e breve sentiero, e come stavo sperando difatti sono tutti là, fortunatamente, mentre si stanno lasciando spiegare da un ciarliero francese qualcosa di questa costa e degli isolotti che da qui appaiono poco distanti. Vedendomi arrivare così, tutti mi spiegano in due parole che hanno soltanto dato una mano a quest’uomo riconoscente, al momento in cui era rimasto immobilizzato con la macchina per una ruota che aveva iniziato col girare a vuoto su un margine stradale decisamente un po’ troppo sabbioso.

Il tipo è allegro, dice subito in un italiano stentato che il suo paese adesso sta vivendo un grande momento, e che i problemi affrontati dai gilets jaunes, a Parigi ed anche in altre città durante queste settimane, sono quelli praticamente che abbiamo tutti, e che quindi è necessario sostenere questa loro battaglia, perché è proprio quella che bene o male riguarda proprio chiunque. Poi ci parla ancora di quei dintorni, di come sia affollata tutta la zona nel periodo estivo, e di quanto lui, pur abitando da sempre a Pontrieux, una ventina di chilometri nell’entroterra, spesso compia volentieri una girata in macchina da queste parti, spingendosi lungo tutta quella costa che conosce molto bene. Poi lo riaccompagniamo fino alla sua auto, lo salutiamo calorosamente, lui rimette in moto con grandi sorrisi la sua Citroen, e quindi sparisce. Noi rientriamo immediatamente nel nostro camper senza sentirci particolarmente coinvolti dall’entusiasmo da lui dimostrato per quelle manifestazioni cittadine di protesta, comunque riflettendo accuratamente sul sostegno che anche la gente di provincia sembra stia apportando a questi movimenti popolari.

Ma subito dopo provo personalmente una specie di strano disagio ripensando a quel simpatico monsieur appena andato via: come se per un attimo avessi quasi desiderato fortemente prendere lo zaino e andarmene con lui sulla sua macchina; non tanto per visitare la sua casa, la sua famiglia, o ispezionare la sua vita; quanto per una voglia assurda ed improvvisa di abbandonare il camper una volta per tutte, ed uscire senza spiegazioni da questa pantomima dei grandi amici che ancora fingono di divertirsi a viaggiare spensieratamente lungo tutta questa meravigliosa costa straniera. Come se avessi più cose da spartire con un personaggio qualsiasi incontrato casualmente, che con tutti coloro che da anni affollano nel bene e nel male le mie giornate. Così torno ad uscire dalla nostra casa viaggiante per tirare un respiro in mezzo a tutti i miei pensieri, mentre gli altri preparano la tavola da pranzo, e poi torno immediatamente verso il punto dove ho quasi dimenticato il mio fedele cane Ettore: però lo trovo tranquillo, lui è ancora lì accanto all’albero, accucciato quasi con rassegnazione, disponibile praticamente ad ogni destino possiamo riservargli in qualsiasi momento, e senza neppure conoscere la ragione che abbiamo di comportarci in una maniera oppure in un’altra. In fondo un cane non ha molte scelte da fare, penso con affetto. Così mi piego sulle gambe, lo accarezzo amorosamente sulla testa, e tento di dimostrargli il mio apprezzamento per la sua enorme pazienza. Infine lo sciolgo dal guinzaglio, e lascio così che annusi per un po’ quello che vuole nei dintorni, ritornando alla fine con rassegnazione insieme a lui verso il nostro camper.

Bruno Magnolfi

Ritorno rassegnato.ultima modifica: 2022-04-13T16:38:18+02:00da magnonove
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