Nel vento.

 

A volte mi prende un’idea del tutto strampalata, della quale naturalmente posso soltanto sorridere e nient’altro. Velocizzare il tempo di fronte a me quando risulta praticamente odioso da trascorrere, e poi invece rallentare fino quasi a fermarli tutti quei momenti belli e piacevoli che purtroppo raramente si presentano. Il fatto è che provo insofferenza nell’avere attorno delle persone che non mi comprendono, che guardano in una diversa direzione, che sono distanti dai miei pensieri. Li guardo e noto che sono differenti da come sono io, hanno del tutto una diversa impostazione delle proprie idee. Vorrei che questa vacanza in camper certe volte scorresse senza intoppi, rapidamente, quasi una rincorsa tra un giorno e quello che ne segue, però subito dopo mi piacerebbe pure che molti dei suoi attimi migliori fossero capaci di depositarsi lentamente come la polvere su una superficie, come estratti quasi impalpabili alle mani, ma assolutamente da salvare. Un viaggio è un tempo indefinito, un contenitore di sentimenti messi assieme piuttosto alla rinfusa, di cui forse solo la memoria a lungo termine potrà occuparsi in seguito per una sua migliore ed ultima definizione. Intanto tutto avviene senza un briciolo di coordinamento, trascinando in avanti ogni fase, ogni giornata, pur priva di valore, oppure importantissima che sia. Tra di noi si dipanano i giudizi intorno a ogni dettaglio, spesso senza che la razionalità ne raccolga il senso vero. Forse si dovrebbe ridere di più, non so, mostrarsi più sereni, leggeri, capaci di quella tranquillità fondamentale, giusta per affrontare ogni passaggio. Invece ci deprimiamo, e si cerca continuamente di addossare le colpe sparse di ogni stupidaggine a qualcuno, anche per ciò che non si fa, oppure di ciò che si fa troppo, persino di quello che non viene ponderato con sufficiente impegno, o di quanto ci sfugge, soprattutto, nonostante il nostro bisogno di incamerare rapidamente ogni esperienza.

<<Renato>>, dice mia moglie Sandra qualche volta mentre viaggiamo in silenzio. <<Cosa stai pensando?>>. Non riesco a rispondere, troppo complicata la matassa di riflessioni che si dipana continuamente dentro la mia testa; e poi, se anche provassi davvero a farlo, subito mi troverei a confondere ulteriormente molte cose, fino a pronunciare parole e frasi sempre più distanti da ogni spiegazione reale. Non mi resta che fingere qualcosa, ed inventarmi su due piedi un argomento qualsiasi che non lasci trapelare alcun addentellato con la verità. La nostra vacanza in questo momento è soltanto un contenitore di individualità diverse, personalità che tentano di far scorrere, sotto uno stesso segno, delle giornate del tutto differenti per ognuno. Non riesco a rispondere a mia moglie, così come sono sicuro che la stessa domanda formulata nei confronti di chiunque altro di noi quattro, andrebbe a disegnare dei contorni assolutamente dissimili tra loro. La costa francese che andiamo rincorrendo prosegue a scorrere intorno al nostro scatolone, ed anche se guardo Lina per un attimo, non so proprio comprendere alla fine quali siano le sue vere intenzioni nei miei confronti. Ci siamo confidati di fretta una simpatia reciproca e impossibile, ed adesso nessuno di noi due è capace di trarne una conclusione seppur minima. Restiamo così, immersi in una sospensione che non ci lascia alcuna possibilità, mentre tutti assieme cerchiamo di alleggerire ogni frammento di convivenza stretta, forse distanziandosi tra noi sempre di più.

Facciamo sosta con il nostro camper su di una rupe a picco sull’oceano, nei pressi di Etretat, in Normandia, e forse sembra a tutti noi, mentre ci scattiamo l’un l’altro delle foto, che questa maestosa falesia bianca, rappresenti il bordo di qualcosa, un’interruzione netta delle colline alle nostre spalle e dei loro prati verdi, come se anche le nostre personalità fossero giunte all’estremo di qualcosa, e lasciassero soltanto allo sguardo il possibile volo di gabbiano sopra le onde immense sotto di noi. <<Siamo giunti proprio dove volevamo>>, dico a voce alta sfidando l’impetuosità del forte vento, tanto per rendere la nostra vista un elemento fondamentale da cui trarre delle personali definizioni. Lina mi guarda in questo momento esatto: forse vorrebbe adesso stringersi a me in quest’aria fredda di febbraio, lasciando ai suoi capelli, spettinati dal vento, l’immagine perfetta della passione che forse consuma quel suo spirito, poco per volta; o magari no, tutt’altro, ed il suo atteggiamento conferma invece soltanto il rovescio di una sua capacità innegabile a dimostrarsi desiderosa di cure e di protezione. Forse non riuscirò mai a comprendere molti degli aspetti della sua personalità, penso mantenendo un filo di disagio; anche se in fondo non riesco ad allontanare troppo il mio sguardo dai contorni belli e piacevoli della sua figura.

Bruno Magnolfi

Nel vento.ultima modifica: 2022-04-06T15:09:11+02:00da magnonove
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