Massima sopportazione possibile.

 

“C’è la necessità di un grande impegno, e di comprensione, di profondità”, si dice da più parti. Ma lui oggi cammina lentamente lungo il marciapiede, e la propria riflessione su come stiano variando anche gli stessi parametri che a suo parere si sono sempre dimostrati i più importanti nella lettura delle espressioni attuali, lo porta inevitabilmente verso considerazioni sempre più negative. Incontra molte persone, qualcuno del quartiere magari lo saluta, ma la totalità degli altri però si mostra completamente indifferente, impassibile persino davanti all’evidenza di un individuo anziano come lui, malfermo sulle gambe, però rispettabile, anche se pieno di dubbi qual è. L’esperienza che porta sulle spalle non ha quasi alcun peso, pensa; ed anche conoscendo quali siano stati, nella vita di un vecchio quale lui si dimostra, i punti fermi dell’attività impegnativa che ha sempre portato in avanti, probabilmente a nessuno interesserebbe saperne neanche qualcosa di più. “Se non c’è curiosità, non c’è neppure scavo interiore”, riflette. “E questo non può essere certo un bene per la stessa organizzazione sociale, in questi momenti”. Ma non è sempre possibile dire a se stessi soltanto: purtroppo, e poi magari anche vivere di nostalgie d’altri tempi; per questo il maestro Bottai cerca spesso di valutare soprattutto ciò che gli viene proposto come sviluppo, trasformazione, oppure anche come un normale svecchiamento.

“La musica d’oggi, tragicamente, non si sa più verso dove sia diretta”, pensa spesso: e quindi è chiaro che anche per quelle persone, così come lui, che pensano le sue medesime cose, torna del tutto naturale rivolgersi, per questi semplici motivi, alle grandi sinfonie e ai grandi autori del nostro passato. Adesso poi si parla addirittura di musica liquida, cioè di qualcosa che non venga composto e registrato una volta per tutte, ma di un materiale sonoro che si mostra soggetto, grazie alla tecnologia, a continue e progressive variazioni. Dei brani capaci di sopportare infinite modifiche, magari in funzione del momento, o del temperamento degli autori, oppure addirittura di un algoritmo in grado di cambiare continuamente un primo prodotto messo in rete, semplicemente ad ogni nuovo collegamento. “Non so”, pensa lui mentre prosegue la sua passeggiata, “però mi sembra che abbiamo perduto del tutto il senso delle cose, e si cerchi solamente ciò che è proiettato al massimo possibile verso la nebulosa inestricabile del futuro”. Sulla soglia del suo negozio, il salumiere che lui conosce da tempo, gli fa subito un cenno amichevole, mostrando che c’è ancora qualcuno che forse sta in qualche maniera dalla sua parte. “Perché l’estrema proiezione dell’individuo verso il domani, qualsiasi esso possa essere, si impernia nell’inevitabile auto-isolamento”, riflette adesso il maestro quasi in risposta di quel saluto, come per interpretare positivamente anche il leggero sorriso che gli viene rivolto da quel negoziante.

Non esistendo più un vero compositore di musica che riesce a farsi carico dei dubbi, dei tormenti, delle angosce del proprio momento storico, non c’è più una vera analisi sensibile del vissuto, capace di trasformarsi in opera d’arte nel momento in cui viene tradotta in semplici note. Manca il passaggio all’interno dell’umana coscienza, che appare adesso soltanto come un freno stupido e deteriore nei confronti dell’attività contemporanea. “Per questo sono d’accordo con quanto viene tentato da qualcuno”, pensa il maestro. Il jazz, con tutti i suoi limiti, non è un tipo di musica definita una volta per tutte. Anzi, è capace di inglobare, all’interno di sé, tantissime correnti diverse tra loro, restando fedele soltanto al principio dello stimolo reciproco e della comunicazione strumentale dei musicisti tra loro. “Questo mi piace, in quella ragazza con il suo gruppo di jazz. Il cuore, il sentimento, la passione umana, che vengono inseriti all’interno di quella musica”.

Dopo queste riflessioni, il signor Bottai decide di rientrare nel suo appartamento, e tornando con calma sui suoi passi, ritrova poco dopo il negoziante di prima, con il proprio grembiule indossato come una vera divisa, e l’espressione di chi ci sa stare da tempo in mezzo alla gente. <<La musica è l’arte più difficile al mondo>>, gli dice quello ridendo, quasi per una sorta di semplice omaggio alla carriera del maestro che si trova di fronte; però il Bottai adesso si ferma, lo osserva meglio, poi annuisce con convinzione. <<Ha detto qualcosa di saggio>>, gli dice poi di rimando. “Siamo circondati da musiche commerciali”, pensa da solo riavviandosi; “costretti e sottoposti al loro continuo bombardamento; e ci resta impossibile chiudere le orecchie persino quando si raggiunge il massimo della sopportazione possibile”.

Bruno Magnolfi

Massima sopportazione possibile.ultima modifica: 2021-12-21T17:48:46+01:00da magnonove
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