Piccole soddisfazioni.

 

Giro la mano che la sorregge, osservo con occhio clinico la lucentezza e i riflessi del metallo, quindi decido di dare a tutta la superficie un’altra passata col panno imbevuto di crema, almeno nei punti più in vista. Lucidare la tromba è diventata per me un’ossessione, nonostante certe volte sia molto attratto dal lasciare lo strumento alla sua natura opaca, sporca, vissuta, come fosse costituita soltanto di suono, e non di materia. Ma in me c’è anche il desiderio di tirar fuori, sempre e comunque, la sua voce migliore possibile, quel timbro caratteristico che cerco di mettere a punto in solitudine e con grande pazienza, adattando in varie maniere il mio labbro all’imboccatura, sperimentando con calma le diverse impostazioni, come le dita sui pistoni, e mettendomi alla ricerca delle vibrazioni che magari mi sembrano ogni volta quelle più adatte. Suono la tromba quasi sempre con una sordina leggera ben innestata, gustando appieno la risonanza di tutto il suo corpo, e comunque, quello che non mi piace per niente del mio strumento, resta proprio la sua natura squillante, per cui sono cosciente di soffiare dentro al canneggio quasi cavalcando un reale controsenso, nello sviluppare cioè la sua preziosa capacità di essere anche morbida, soffusa, persino delicata. Comunque posso tentare da solo qualsiasi esperimento, ma quando mi ritrovo in sala prove a fare musica insieme agli altri ragazzi, tutto improvvisamente mi appare diverso.

Perché la propria personalità sullo strumento da sola non basta, non riesce a mostrare la confluenza di idee e di pensieri che è necessaria per raggiungere la fusione di tutti gli intenti in uno stesso manufatto sonoro. Noi suoniamo del jazz attuale portato all’estremo, una sorta di dialogo musicale complesso, senza uso di suoni elettronici, adoperando per ogni brano qualche manciata di regole armoniche le più varie, in certi casi anche adottate da epoche diverse dalla nostra, che poi seguiamo e rispettiamo, tentando però in varie maniere di superarle, sempre in un’alternanza continua di spinta verso un possibile limite. L’introduzione del pianoforte, come strumento centrale e principe della musica occidentale, all’interno della nostra formazione, forse era già nell’aria da qualche tempo, ma nessuno di noi sapeva bene come riuscire a collocarlo adeguatamente tra le nostre sonorità. Poi è arrivata Franca, e in un attimo ha risolto ogni dubbio. Lorenzo crede ancora di essere stato lui a presentarci questa brava pianista dagli studi classici, ma non è del tutto vero. Il fatto è che inconsapevolmente ne sentivamo tutti la mancanza, perché era come se non avessimo ancora il perno esatto attorno a cui far ruotare tutto il resto.

Naturalmente non sapevamo bene come avremmo reagito individualmente noi del gruppo, così come non era scontato che una ragazza sensibile e anche attenta come lei potesse davvero inserirsi adeguatamente in questa formazione. Ma già i primi risultati sono apparsi ottimi, ed anche le registrazioni che abbiamo fatto in sala prove per analizzare in seguito l’ascolto dei materiali, lo ha dimostrato ampiamente. Lo sforzo più grande a cui siamo chiamati adesso è quello di superare la spinta individualistica di ogni componente, e di piegare i suoni e i fraseggi di ciascuno verso un risultato ancora più collettivo. Franca ha compreso al volo la nostra filosofia, e l’ha subito abbracciata appieno, rivestendo benissimo il ruolo che dagli inizi le avevamo richiesto.

Lorenzo la guarda con degli occhi particolari qualche volta. Si nota che è attratto da lei, dal suo padroneggiare quella tastiera, dalle sue conoscenze musicali, ma anche da quei modi eleganti e pacati, da persona che ama stare in disparte, tirando fuori comunque un proprio notevole temperamento appena iniziamo a suonare. A me personalmente, e devo dire anche agli altri ragazzi, non interessa poi molto se quei due intrattengono tra loro una relazione speciale oppure no, considerato che sono anche compagni di classe all’ultimo anno del liceo; a me basta che siano sempre così seri e determinati quando vengono a suonare con il nostro gruppo, anche perché, se non sbaglio, la formazione così composta come risulta adesso, potrebbe attirare un discreto interesse e una forte curiosità al momento di portare la nostra musica in qualche locale cittadino. Qualcuno ci noterà nei prossimi tempi, ne sono praticamente sicuro; e questo senza dubbio sarà per tutti noi il motivo più saliente di una grande soddisfazione.

Bruno Magnolfi

Piccole soddisfazioni.ultima modifica: 2021-11-05T15:15:41+01:00da magnonove
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