Disagio da sciocchi.

 

Mi accade a volte, durante l’attesa paziente del sonno ristoratore, mentre trascorrono quei silenziosi momenti in cui, con le luci già spente, resto coricato nel letto a sera tardi, che la mia mano sinistra vada a posarsi quasi per automatismo sopra le palpebre dei miei occhi ormai chiusi, quando le dita distese trasmettono alla mia espressione facciale, ormai già pronta al riposo, quel calore e quella protezione che forse durante il giorno è sembrata mancarmi. Sorrido a pensarci, in fondo è soltanto un gesto del tutto infantile, qualcosa a cui normalmente non darei neppure troppa importanza. Sempre che non avverta la necessità di racchiudere in quel comportamento automatico qualcosa di me che in quegli attimi pare come sfuggirmi. Il mio riposo poi non è neppure caratterizzato da nottate particolarmente agitate, oppure da una qualche forma di insonnia; sto bene, riposo bene, tutto si presenta per quanto mi riguarda in maniera quasi ordinaria, anche se la mia mano tiepida prosegue per parecchi minuti ad infondere in me quella sicurezza che sembra desideri per prendere sonno. Non sono il tipo di persona che si ritenga un intimista, oppure uno tra coloro che mostrano forme di evidente paura nell’affrontare a fronte alta le cose di ogni giorno: mi sento anzi, al contrario di molti, un vero combattente, un osso duro, uno che non si tira mai indietro quando si trova davanti qualcosa da fronteggiare.

Allora ho pensato che questa specie di automatismo racchiuda in sé qualcosa che non faccia parte esattamente della mia personalità, e che forse deriva da qualche elemento che a me è più vicino, qualcosa che ruota intorno alla mia giornata ordinaria, e che senza provocare tra i miei pensieri una coscienza precisa di quanto sta accadendo, riesce a sfuggire comunque al mio controllo razionale, andando però ad inserirsi in una zona debole della mia sfera istintiva. Rifletto: un gesto di protezione verso un futuro che non so prevedere, forse. Oppure il simbolo del desiderio di chiudere gli occhi per non vedere qualcosa. Ma non saprei cosa, considerato che gli affari che maggiormente interessano me e le mie società sembrano procedere bene in questo periodo, e che la mia famiglia sembra unita e solidale attorno a me e al mio lavoro. Decido di parlarne con Rosa, mia moglie, appena possibile, non tanto perché nutro dei dubbi sui suoi modi di essere e di comportarsi, quanto per tentare di capire insieme a lei qualcosa di più, e per ascoltare la sua opinione.

Così mi rigiro nervosamente nel letto, sposto la mano sinistra dagli occhi e vado a sfiorare leggermente un braccio di Rosa, mentre sta placidamente dormendo. Sbuffo leggermente per le preoccupazioni assurde che a volte mi pongo, poi mi volto di nuovo sistemando le lenzuola e cercando di prendere sonno al più presto, anche per non pensare più a tutta questa faccenda. Ma ad un tratto mi viene a mente mia figlia; Franca adesso non è certo più una bambina, ed anche se la sua giornata è quasi interamente dedicata al liceo, che prosegue a frequentare con ottimi profitti, preoccupata com’è soltanto dei propri studi, forse però è proprio da lei che mi deriva quest’inconscia preoccupazione, come se lei stesse iniziando a sfuggire in qualche modo dal ruolo a cui dovrebbe attendere, magari per via di una possibile infatuazione del tutto passeggera. Ci sono anche le lezioni di pianoforte per un paio di pomeriggi alla settimana, questo è vero, ma da quel settore non mi attendo nulla di particolarmente inconcepibile, anche se la sua fissazione di entrare in Conservatorio non mi ha trovato, almeno fino adesso, per nulla d’accordo.

Ma certo, decido alla fine, devo assolutamente parlarne con mia moglie di questa impressione, e convincerla anche ad essere maggiormente presente con Franca, per comprendere meglio quali amicizie e compagnie di liceo possa aver iniziato a frequentare, non tanto per imporre chissà quali freni ad una ragazza brava e studiosa come lei, quanto per acquisire qualche esauriente informazione sui suoi comportamenti. Ci sono certe volte alcuni piccoli dettagli di una personalità che possono sfuggire persino allo sguardo più scrupoloso. Probabilmente potrebbe bastare anche soltanto parlare con Franca in maniera attenta e decisa, magari senza dare neanche troppo peso ad argomenti del genere, come per fare quattro chiacchiere, e in ogni caso valutando bene ogni risposta fornita a qualche domanda posta in modo adeguato. Potrei farlo io stesso, rifletto. Anche se riconosco che con la mamma potrebbe sentirsi sicuramente più a proprio agio.

Bruno Magnolfi

Disagio da sciocchi.ultima modifica: 2021-09-24T11:39:23+02:00da magnonove
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