Troppo nervosismo.

 

Al mattino, dopo le sette, una volta lasciate le eventuali consegne al personale che giunge a quest’ora per sostituirmi, mi sento leggero uscendo dall’ albergo dove svolgo il ruolo di portiere di notte, come se all’improvviso si aprisse per me una vera e nuova giornata tutta da inventare e da vivere, anche se poi non è del tutto così. Durante la notte appena trascorsa è tornata la donna che spesso vaga in questo quartiere, una prostituta, come lei stessa ama definirsi, anche se di un tipo eccentrico e un po’ particolare. Con i suoi modi eleganti e disinteressati, mi ha bussato leggermente alle vetrate, verso le tre, ed io naturalmente le ho aperto subito. <<Buonasera>>, mi ha detto nell’attesa che la invitassi ulteriormente ad entrare. E proprio come la volta scorsa, io ho lasciato che si accomodasse in caffetteria, nello stesso momento in cui mi sono prodigato a prepararle una calda bevanda. <<Sempre da solo; sembra un po’ triste>>, mi ha detto lei senza neanche dare troppa importanza a queste parole. Io le ho annuito con un debole sorriso, poi mi sono appoggiato al bancone nell’attesa che proseguisse a spiegarmi magari qualcosa di sé, ma in quel preciso attimo, dalla zona del ricevimento, ho visto arrivare Paoletto, il mio me stesso che certe volte si materializza uscendo dai miei ricordi d’infanzia. La donna si è voltata, probabilmente seguendo il percorso del mio sguardo, ma non ha visto niente, naturalmente, anche se io le ho subito spiegato come, stando sempre da solo, mi capitasse certe volte di parlare direttamente con i miei ricordi, al punto da visualizzare davanti a me la mia stessa persona, ancora immersa nei lontani periodi trascorsi. <<Ma è naturale>>, ha detto subito lei; <<altrimenti la solitudine diventa troppo opprimente>>, ha concluso.

Ma, subito dopo, Paolo si è avvicinato alla donna, e lei si è voltata, e lentamente gli ha detto di non preoccuparsi, e che si trovava lì soltanto di passaggio, <<giusto il tempo di prendere un caffè e salutare quest’uomo>>, ha spiegato con un sorriso, ed il ragazzo silenziosamente ha annuito, proprio come se conoscesse già questa persona, e non ci fossero assolutamente problemi addirittura nell’apprezzarne la presenza. <<Anche io vengo fin qui certe volte, ma soltanto per rammentargli gli errori in cui è incappato>>, ha detto lui con un tranquillo modo di fare e di parlare. <<E poi lui è uno che ancora tenta di dare a me la colpa di molte cose che gli sono accadute>>, ha aggiunto Paoletto, <<senza rendersi conto minimamente che non può continuare ad attribuire ad altri i suoi errori>>. Naturalmente io sono rimasto estremamente sorpreso da questa improvvisa presa d’atto dei suoi convincimenti, così, riprendendomi rapidamente dallo stupore, ho subito replicato: <<Ma no, ma vede signora, lui non sa di che parla, e forse non si rende minimamente conto di come stanno davvero le cose, perché appare oltremodo evidente che è stato il suo comportamento scellerato dei tempi della scuola a farmi proseguire in seguito lungo una china che più tardi non sono più stato capace di tenere in pugno, tanto che le cose in seguito sono andate via via solamente peggiorando>>.

La donna non ha ribattuto niente, come se trovasse disdicevole dire qualcosa adesso contro di me, pur conservando un’opinione probabilmente vicina a quella di questo ragazzetto senza creanza, che intanto si era voltato di spalle, e sembrava quasi cercare la maniera migliore per andarsene in fretta. <<Certo>>, ho ripreso a dire tanto per rompere quel silenzio imbarazzante; <<ho sicuramente compiuto degli errori nella mia vita; però la genesi di tutto quanto deriva da allora, da quei modi di essere a cui in seguito sono stato costretto ad attenermi, almeno da un certo momento in avanti, anche per delle semplici ed evidenti ragioni di coerenza>>. Mentre dicevo così, però, mi sono accorto che a nessuno ormai interessava quello che stavo dicendo, tanto che il ragazzo, senza aggiungere altro, si era infilato nella saletta attigua sparendo alla vista, mentre la signora, come se avesse fretta di andarsene, si è alzata dallo sgabello della caffetteria, ed ha solo detto: <<grazie, per il caffè>>, guardandomi negli occhi con intensità, almeno per un attimo. Poi ha raccolto la sua borsetta, e si è incamminata verso l’uscita. <<Spero di rivederla>>, ho detto io rapidamente cercando la maniera per farle dire ancora qualcosa, o trattenersi un altro momento, ma lei ha sorriso, e poi se n’è andata.

Sono rimasto a rimuginare tutto quanto per il resto della nottata, e quando alla fine del mio turno di lavoro è giunta la prima ragazza, un’impiegata del ricevimento, invece di augurarle buongiorno mi è uscito dalle labbra soltanto un bofonchiare insulso, di cui forse mi sono anche un po’ vergognato. La giornata che aspettavo, di fronte a me, è apparsa subito piuttosto compromessa, una volta uscito dall’albergo, ed anche se non avevo affatto voglia di farlo, mi sono messo a camminare senza una meta, cercando la maniera di farmi sbollire il nervosismo che d’improvviso sembrava essersi parecchio accumulato dentro di me.

 

Bruno Magnolfi

Troppo nervosismo.ultima modifica: 2024-04-18T16:08:36+02:00da magnonove
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