Tolleranza zero.

 

“Ogni tanto mi capita di fare qualche stupidaggine”, dice lui ad un conoscente del suo quartiere che ha incontrato proprio all’ufficio postale, mentre ambedue stanno facendo la fila per pagare qualche bolletta allo sportello. “Forse dovrei addirittura smetterla di andare sempre allo stadio,  perché quando sto da quelle parti perdo quasi completamente il senso delle cose”, dice con una certa sincerità; “però non saprei cos’altro fare”. Poi abbassa la voce, e per farsi grande dice: “mi capita di odiare profondamente quelli che se ne stanno a fare casino alla curva opposta alla mia, e se la mia squadra perde le cose certe volte sembrano subito complicarsi”.

Poi tocca a lui presentare i fogli all’impiegata dietro lo sportello, così tira fuori i soldi che ha già preparato, quindi prende le matrici e qualcosa di resto, ed infine se ne va, salutando l’altro senza mostrare comunque un grande entusiasmo. “Non è facile avere dei vicini di casa quando tutti attorno a te sanno che hai delle amicizie esclusivamente tra i tifosi”, pensa lui adesso; “è come se ti salutassero soltanto con una parte del loro corpo, perché l’altra si tiene già sulla difensiva, come se tu potessi affrontarli fisicamente da un momento all’altro, senza neppure un motivo valido per farlo. A me non interessa passare per un violento durante i normali momenti della giornata. Posso anche parlare di calcio con qualcuno, ascoltare altre opinioni e così via, non ci trovo niente di male. Però quando mi trovo insieme agli altri ragazzi e ce ne andiamo allo stadio con le nostre bandiere, le sciarpe ed anche tutto il resto, allora le cose cambiano parecchio.

Perché alla fine non puoi permettere a della gente come quella che si fa vedere ai cancelli opposti ai tuoi, di provocarti come sempre fanno: non è possibile, non lo puoi proprio tollerare. Ognuno sostiene la sua squadra, questo è normale, però gli altri sono diversi da noi, hanno qualcosa che non riesci proprio a sopportare, nemmeno se ti impegni, e poi ti provocano quando vengono qua, nel nostro stadio, come se avvistando noi si aspettassero soltanto di avere di fronte dei ragazzetti senza una spina dorsale, persone che agli insulti non sanno rispondere per bene e per le rime. Non ci possiamo permettere di fare una figura così, è più che evidente, perciò dobbiamo sempre sapere a che cosa ed anche a chi andiamo incontro ogni volta.

Certe volte ci è scappato pure qualche ferito, questo è vero, ma sono state sempre tutte cose di poco conto, senza troppa importanza, perché a noi ci basta dare una bella lezione a tutti coloro che vengono fino qui per provocare, quelli che ci urlano ‘mezze cartucce’ come a volte fanno, quasi che non avessimo un nostro modo preciso di schierarci e di tenerci sempre pronti per qualsiasi evenienza. Perché non abbiamo mai paura quando siamo insieme, sappiamo bene come difendere la nostra squadra, e non tolleriamo che qualcuno parli male dei nostri giocatori”.

Poi lui arriva davanti casa sua, con questi pensieri che gli girano ancora nella testa, e ritrova per combinazione lo stesso conoscente di poco prima, quasi si fossero dati un preciso appuntamento. “Tutto a posto?”, gli chiede l’altro con un mezzo sorriso quasi ironico; e lui risponde, con serietà, che gli pare proprio di sì, e che non ci sono dei problemi; anche se all’improvviso vede dietro quella faccia che ha di fronte, qualcosa che non gli va del tutto a genio. “Forse dovrei sapere meglio questo cosa fa”, riflette. “Forse non è neanche dei nostri”.

Bruno Magnolfi

Tolleranza zero.ultima modifica: 2020-01-20T20:51:26+01:00da magnonove
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