Via delle matite.

 

Se sto fermo, senza fare niente, seduto su una sedia in casa mia, con la testa piena di pensieri generalmente poco importanti, subito mi prende la voglia di indossare la giacca e di uscire, anche se oggi non saprei proprio verso dove dirigermi. Non sono nato esattamente in questa città o, meglio, sono nato in un ospedale del quartiere, dall’altra parte del fiume rispetto a dove abito adesso, ma i miei genitori a quell’epoca risiedevano in un paese della provincia, oltre la cintura periferica, non troppo lontano comunque, e soltanto quando avevo circa tredici anni ci traferimmo, ed io dovetti cambiare rapidamente sia gli amici che le abitudini. Molto di rado ho provato nostalgia di quella mia infanzia trascorsa tra alcuni cortili scalcinati e i tanti orti improvvisati dai residenti sul retro delle loro case basse e silenziose, col gusto di di assaporare tutto il silenzio che in quei giorni lontani somigliava tanto al vuoto, e a semplice riprova di questo, quasi tutti i ragazzi nati in quella semplice realtà, e che naturalmente frequentavo in quel periodo, sono poi venuti via da quella borgata, proprio per trasferirsi in un posto più vivo, per andare ad abitare in luoghi con più opportunità ed anche più stimoli. Così, dopo che per tanti anni non ho più avuto la voglia o l’occasione di tornare a visitare i luoghi della mia infanzia, adesso, forse in mancanza d’altro, provo ad un tratto la precisa volontà di rivedere la mia vecchia scuola elementare, un edificio grande e austero, quello stesso che allora frequentavo insieme ai tanti altri compagni di quei tempi. La strada dove era ubicato l’istituto l’avevamo soprannominata da sempre via delle matite, forse per sottolineare il fatto che la sua caratteristica principale era evidentemente lo schiamazzare di noi bambini durante l’orario di entrata e di uscita dalle classi, tutti coi nostri zainetti colorati e con gli astucci sempre colmi di penne e di pastelli.

Così, improvvisamente, oggi salgo sulla mia vecchia utilitaria, e mentre sono seduto senza aver ancora avviato il motore, penso che stia quasi per intraprendere un viaggio indietro nel tempo, che forse mi farà tornare a mente alcuni ricordi e anche qualche sensazione ormai dimenticata, e penso anche che qualche volta dobbiamo pur volgersi all’indietro e ripercorrere con occhio disincantato quello che è stato negli anni precedenti. <<Paolo>>, sento chiamare da qualche parte accanto a me; perciò, mi volto e vedo che è solo il mio vicino di casa che mi sta salutando, osservandomi da fuori del finestrino laterale. Scambiamo qualche parola di circostanza, poi mi decido, e infine avvio la macchina, mentre quel mio conoscente se ne va per i fatti propri. Supero qualche semaforo e poi mi immetto in una strada che conosco bene, e dopo qualche chilometro di svolte e di precedenze, esco infine da questa città, distendendo la mia guida che rimane comunque sempre molto prudente. Ci sono dei campi coltivati qua e là, ma lungo la via che seguo molti caseggiati costeggiano ancora il mio percorso, come se ci fosse la volontà di non abbandonare la vista dei viandanti alla natura. Poi mi fermo. Non sono ancora arrivato, però già i pensieri hanno iniziato nella mia testa a prendere un proprio corso, mostrandomi rapide immagini di un tempo lontano.

<<Paolo>>, dico al ragazzetto coi calzoni corti che vedo subito fuori dal parabrezza. Lui forse mi guarda, ma non è affatto interessato a me; perciò, si volta d’improvviso, e quindi raggiunge alcuni suoi compagni che lo stanno aspettando. Facevamo giochi semplici, quando abitavamo in paese, ed anche i nostri argomenti di conversazione erano quasi sempre banalità che in seguito avremmo lasciato rapidamente alle nostre spalle. <<Mostraci ancora le tue figurine>>, dicono gli altri adesso, e lui tira fuori dalla tasca del grembiule blu un grosso pacco di figurine tenuto insieme da un elastico. Era pericoloso a quell’epoca portare a scuola la propria collezione, c’era sempre il rischio che qualcuno dei compagni ti soffiasse qualche rarità proprio da sotto al naso, anche se a me sembrava impossibile che accadessero cose di quel genere. Poi tutti ridono, guardano Paolo con le sue preziose figurine, e forse sono così invidiosi di quel suo piccolo tesoro, che alla fine lo snobbano, come se nessuno di loro avesse mai avuto davvero voglia di possederne uno altrettanto corposo.

Poi riavvio la macchina, e dopo poche curve raggiungo il paese, ormai molto cambiato da quei tempi, e dopo aver sbagliato un paio di strade, infine raggiungo via delle matite, restando meravigliato del fatto che la vecchia scuola adesso non c’è più, ed è stata sostituita da costruzioni moderne, palazzine di tre piani che costituiscono probabilmente degli alloggi popolari o cose di quel genere. Non importa, penso, era evidente che prima o dopo la scuola sarebbe stata demolita, anche se adesso forse mi dispiace, anche se, comunque sia, resto capace di vederla ancora lì, proprio davanti a me, come non fosse trascorso neanche un giorno da quel lontanissimo periodo.

 

Bruno Magnolfi

Via delle matite.ultima modifica: 2024-02-20T19:53:45+01:00da magnonove
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