Ingrediente non previsto.

 

<<Tu credi che nel nostro paese siamo governati da una classe politica adeguata?>>, chiede d’improvviso Federico a suo padre mentre consumano la cena, conservando comunque un tono basso della voce, come per non rompere troppo il filo dei pensieri strettamente personali in cui il genitore sembra perennemente immerso, e naturalmente senza dare neppure troppa importanza alla propria domanda, quasi fosse una qualsiasi curiosità di ragazzo. L’occhiata fredda che gli viene restituita sembrerebbe comunque già sufficiente per fargli ritirare in fretta ogni quesito, ma suo padre, che nessuno ricorda essersi mai interessato di problemi di quel genere, dopo un attimo risponde semplicemente nell’unica maniera come già ci si sarebbe potuto immaginare: <<A me basta che chi detiene il potere si mantenga su posizioni sufficientemente moderate, e che non ci siano in mezzo a tutto quanto delle teste calde che tirano da una parte oppure dall’altra>>. Federico pensa subito però che quella sia già in qualche maniera una doppia risposta, dove peraltro la più importante delle due risulta quella riferita direttamente a lui, quasi come un monito per non farsi venire strane idee per la mente. Difatti annuisce con rapidità mentre prosegue a masticare, senza ribattere nulla, anche se, insieme ai deboli rumori di stoviglie attorno al tavolo da pranzo, sembra scendere di colpo nella stanza una pesante cappa di riflessioni incrociate. <<Che discorsi sono?>>, chiede senza convinzione immediatamente dopo la sua mamma, come se la formulazione di quella domanda, già così insolita, avesse preso un’incomprensibile strada autonoma, addirittura differente da quella che avrebbe desiderato porre lo stesso Federico. Trascorrono due minuti di silenzio vagamente imbarazzato, in cui pare difficile trovare un nuovo filo di conversazione familiare, e nonostante la musica lieve e piacevole trasmessa dall’apparecchio radio acceso sopra un mobile, sembra mancare nell’aria il senso stesso di quanto è appena circolato attorno a loro e sopra quel tavolo.

Marco appare indifferente ad ogni risultato di quell’insolito dialogo, anche se è impossibile non pensare di lui qualcosa di simile ad uno scostante menefreghista, oppure ad un individuo dalle riflessioni del tutto estranee a certe problematiche. Ripensandoci, a Federico adesso sembra però di aver pronunciato inconsapevolmente quella domanda proprio per lui, per suo fratello, forse per ascoltare quali eventuali reazioni sarebbero potute insorgere nel suo contegno, anche se era evidente fin da subito che il più adeguato comportamento nel suo caso sarebbe stato esattamente quello della consueta ricerca di indifferenza verso qualsiasi argomento. <<Perché ti interessa tanto questa faccenda?>>, insiste ancora sua madre, quasi a scavare con curiosità nei retropensieri del figlio minore, soprattutto dando voce a ciò che suo padre probabilmente va meditando. <<Niente>>, fa lui in rapida ritirata. <<Ne abbiamo semplicemente parlato in classe con l’insegnante di storia>>. Ma certo: la scuola rende tutto lecito e plausibile, anche se non lascia quasi mai approfondire certi temi, e si limita anzi a sorvolare, con un’ampia focale in campo largo, le immagini più inconsuete che se ne possono trarre, quando si spazia su tematiche non previste dai testi adottati dagli insegnanti. Nessuno naturalmente sollecita la critica al potere; già la scuola stessa, nel suo insieme di teste calde che costituiscono la propensione ad opporsi quasi a tutto, tipica del considerare l’istituzione stessa qualcosa di retrivo, diventa spesso fucina di diversità, di alternativo riflettere, di spinta al conflitto contro ciò che si ritiene quasi inamovibile nella perpetuazione del principio stesso dell’educare.

Ma, oltre ogni previsione, Marco improvvisamente dà fiato ad una citazione: <<È la società che elegge i suoi rappresentanti; ogni opinione in merito appare pretestuosa>>. Poi sorride, e nessuno, tra gli altri tre, trova il coraggio di aggiungere qualcosa, anche se nella mente di Federico si accavallano rapidamente molti fili di pensiero, però nella saggia riflessione che non sia il caso di proseguire l’argomento. <<Come sta andando con la scuola?>>, interviene poco dopo la mamma interpretando il desiderio di tutti e rivolgendosi direttamente al figlio piccolo, quasi per fargli pagare il prezzo di aver tirato fuori un argomento tanto spigoloso. <<Tutto a posto>>, risponde lui com’era prevedibile. <<Probabilmente tra un paio di settimane ci sarà un’uscita di tutta la classe per andare a visitare un museo del centro, e ci stiamo già preparando per quel giorno, studiando cose affini a quello che vedremo>>. <<Strano>>, dice Marco; <<che io ricordi negli anni del liceo la mia classe non è mai stata portata a visitare niente del genere. Si vede però che le cose stanno rapidamente cambiando>>.

La mamma si alza da tavola per prendere qualcosa, suo marito le chiede la saliera, poi dice ai suoi figli: <<non mi pare sbagliato visionare le gallerie che abbiamo in città. In fondo è anche toccare direttamente con mano ciò che normalmente viene elaborato a scuola solo in via teorica>>. Torna la madre e si siede in silenzio. In seguito, tutto riprende l’andamento naturale di ogni sera, anche se qualcosa di insolito sembra persistere nell’aria, quasi come se un ingrediente di un piatto cucinato per quella loro cena, fosse stato assolutamente non previsto.

Bruno Magnolfi

Ingrediente non previsto.ultima modifica: 2023-07-10T18:03:12+02:00da magnonove
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