Lasciandomi tranquillo.

 

Stasera sono andato a mangiare, come facevo fino a qualche tempo fa, nella tavola calda “da Mauro”. Dei soli cinque presenti, c’era soltanto un altro tavolo occupato, così mi sono seduto a quello d’angolo, dopo aver osservato per qualche momento i vassoi dentro al bancone riscaldato della rosticceria da asporto. Infine, mi sono fatto servire una semplice porzione di lasagne, e poi un piccolo tortino ai carciofi, accompagnato da mezzo litro di vino sfuso. Nella calma del locale mi è parso per un attimo di essere tornato indietro nel tempo, anche se adesso non c’era Luciana a servirmi e a farmi compagnia, e questo mi ha provocato il desiderio di liberare la mente da tutte le preoccupazioni e le amarezze che sembrano volermi attanagliare in questo ultimo periodo. Suo padre dopo un po’ mi ha visto, dal retro del negozio, e allora si è avvicinato al mio tavolo, ma giusto per dirmi con cortesia che lei si sente meglio, e che probabilmente fra qualche giorno potrà riprendere servizio nel loro locale. Ho provato un grande piacere nel sentire quelle parole, così ho potuto anche cenare con una maggiore tranquillità. Nel tavolo vicino al mio due uomini, approssimativamente della mia stessa età, sembravano contenti pure loro, non so di che, però parlavano di cose leggere, senza impegno, e sembravano capaci di vedere l’aspetto divertente di qualsiasi argomento si stessero occupando. Li ho ascoltati per un attimo, e mi è parso di conoscerli da sempre, come mi fossi distaccato da quei loro modi forse da troppo tempo, ma senza averne dimenticato il senso più profondo. <<Buonasera signor Landi>>, ha detto infine uno dei due, voltandosi leggermente verso di me. <<Buonasera>>, gli ho risposto io, non ricordando affatto di aver mai conosciuto quel mio interlocutore.

<<Sono il marito di Carla, l’amica di Elisabetta, ci siamo incrociati qualche volta dalle parti dell’agenzia, anche se nessuno ci ha mai presentato>>. Ho allungato con calma una mano, sopra al tavolino, e stringendola lui mi ha detto di chiamarsi Giorgio, e l’altro Renato. <<Stavamo parlando per combinazione proprio di questo nostro quartiere, e di come sia formato da gente che in fondo si conosce quasi tutta, o direttamente, oppure per vie traverse>>. Sorrido, annuisco, riconosco che è proprio in questo modo; così quei due mi invitano a spostarmi al loro tavolo, se mi fa piacere, <<tanto per non stare tutto solo>>, dice Giorgio, ed io accetto l’invito, trovando piacevole questo incontro. <<Ricordo ancora le vecchie botteghe sulla strada principale, quando ero piccolo ed andavo con la mamma a fare qualche compera>>, dice Renato, e in questo modo tiriamo fuori a turno piccole memorie e qualche aneddoto d’epoca curioso e particolare. <<Mi hanno detto che hai aperto tu quella grossa agenzia immobiliare all’incrocio tra via Cavour e via Mazzini>>, dice Giorgio a un tratto, con modi comunque più amichevoli che da impiccione. <<Si era verificata una combinazione fortuita>>, ho detto io senza alzare troppo la voce, <<ed allora ho pensato di svecchiare un po’ anche quella zona>>. Ridono, loro due, mentre continuano a mangiare verdure fritte con l’arrosto, e sembrano apprezzare in ogni caso la mia compagnia, forse anche considerando che conoscere una persona inserita nel settore immobiliare, può sempre tornar utile un giorno o l’altro.

Giorgio, comunque, con un certo tatto, non tira fuori neanche di sfuggita l’argomento Elisabetta, e neppure le mie dimissioni dalla sua agenzia e tutto il resto, anche se di sicuro è perfettamente a conoscenza di ogni dettaglio. Non mi sento imbarazzato difatti, ed anzi rifletto che alla fine non è successo niente di particolare, almeno ai loro occhi, se non che mi sono trovato un’occupazione sicuramente migliore, un posto di lavoro assolutamente non rifiutabile, come chiunque probabilmente avrebbe fatto al posto mio, e questo mi pare senz’altro comprensibile. Loro mi spiegano che questa è la loro serata libera; <<Dalle mogli, naturalmente>>, precisa Renato, <<così quando andiamo via da qui ci infiliamo in un locale dove suonano del jazz; potresti venire con noi, se ne hai voglia>>. Li ringrazio, ed anche se non ho una vera alternativa, tiro fuori un impegno inventato che purtroppo mi impedisce di andare insieme a loro, anche se mi piacerebbe. <<Tu non sei sposato>>, chiede ancora Renato. <<Lo sono stato>>, spiego io, <<e so cosa significa prendere una boccata d’aria ogni tanto>>. Ridiamo, ci facciamo portare il conto, si paga alla cassa, poi usciamo tutt’e tre nell’aria fresca e piacevole della serata. Ci salutiamo, ed io mi sento bene, sollevato almeno da alcuni di quei problemi che forse ultimamente mi ero incaponito a rigirarmi nella testa.

Cammino da solo, adesso, lungo il marciapiede rischiarato dai lampioni, e credo sempre più che in fondo il mio dovere sia quello di proseguire lungo la strada che ho intrapreso, senza pormi troppe domande, senza lambiccarmi continuamente il cervello. I miei errori, se proprio ci sono, verranno fuori prima o dopo, penso; altrimenti svaniranno, lasciandomi tranquillo.

Bruno Magnolfi

Lasciandomi tranquillo.ultima modifica: 2022-11-09T10:43:25+01:00da magnonove
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