Carta da bruciare.

 

Diario. 10° giorno. Oggi mi sono sentita stanca. Stanca dei miei pensieri soprattutto, ma anche di questo girare in camper senza una vera meta, di questa Bretagna immobile, così struggente, e poi dei miei amici, in apparenza sempre più seri e preoccupati, non so neppure io in fondo di che cosa. Ho guardato fuori dal finestrino, mentre stavamo percorrendo nuovamente una delle tante strade costiere, e non sono riuscita a vedere però niente di nuovo, se non queste solite immense onde oceaniche in perpetuo movimento. Si finge di meravigliarsi ancora di queste spiagge infinite, di questi fari che pattugliano la Manica, di questi scogli forti e inamovibili, e dei tanti isolotti che si intravedono qua e là in mezzo alla schiuma, tristi e bellissimi, alla mercé delle maree e delle correnti senza fine. Mi pare che tutto si sia rapidamente come appiattito, forse anche le mie idee, che non producono più alcuna novità nella mia mente.

Vorrei essere a casa, e ritrovare la mia dimensione consueta, piuttosto che inseguire ancora questa vacanza a quattro che sta mostrando sempre di più i suoi limiti. I gilet gialli di Parigi adesso sembrano sempre più distanti, una vicenda del costume popolare senza grandi prospettive, e noi dentro a questo camper che restiamo quasi sospesi in certe giornate vuote, prive di significato, come se si fosse sempre più vicini soltanto al margine periferico del tempo vero e proprio, lontani dalla realtà che probabilmente corre veloce da qualche altra parte che non conosciamo. Sono stanca della finzione che tutti qua dentro ci ritroviamo a mostrare per coprire la monotonia, stanca di essere la moglie di un uomo perennemente annoiato che quasi sempre mi osserva senza mai mostrare troppo interesse, come per una sorta di abitudine, pur all’interno di una cornice come questa, assolutamente differente dall’usuale. E’ assente forse anche ogni vicenda concreta nel nostro proseguire imperterriti lungo queste strade, come se già fosse ben chiaro che niente deve veramente accadere, e che niente perciò accadrà davvero, anche se i nostri desideri irrisolti adesso riescono soltanto a renderci inappagati e soprattutto amorfi.

Forse sono io che proprio non possiedo la sensibilità adatta per vedere i particolari più nascosti, e che magari avrei sempre bisogno di trovarmi davanti degli schemi chiari ed evidenti, che non necessitano in nessun caso di chiavi di lettura. Mi perdo quando cerco di comprendere il significato nascosto di certe espressioni criptiche, di certi gesti, di quei comportamenti che lo so, non possono essere soltanto fini a se stessi, anche se non riesco a interpretarli. Lo capisco che dovrei sforzarmi molto di più, ma non è nella mia natura, e così continuo a non accorgermi delle cose più evidenti, fino a quando non appaiono scontate e note a tutti. Devo resistere, in fondo mancano solamente pochi giorni e poi ci ritroveremo tutti di nuovo a casa, a riprendere la vita di sempre, e chiudere rapidamente questa parentesi vacanziera. Però non sono contenta di dichiararmi fallita anche stavolta, mettermi seduta come se niente fosse accaduto, e lasciare alle cose il loro compito di scivolarmi addosso, senza lasciare su di me una vera traccia positiva.

Qualcuno sostiene che si compiono usualmente tanti errori dentro un’unica giornata, ad iniziare dal fatto di non saper distinguere adeguatamente quali siano i veri errori da riflettere e magari da analizzare, in modo da renderli capaci di lasciarci un positivo insegnamento. Forse anche per un motivo del genere continuo a comporre questo diario, nonostante questi fogli abbiano mutato oramai parecchio il loro senso iniziale, e da semplice raccolta di appunti di viaggio siano divenuti in modo rapido soltanto la raccolta sciatta dei miei sfoghi vergati a sera tardi in un quaderno a righe. Mi sarebbe piaciuto molto invece costituire un piccolo registro dei nostri quotidiani spostamenti in camper lungo questi lembi di terra ai confini occidentali dell’Europa, e renderne quasi un elemento inossidabile, tra i miei appunti attenti e meticolosi, un vero e proprio libro di viaggio, qualcosa magari da riprendere in mano qualche volta negli anni più avanzati, quelli della nostra anzianità, come un ricordo ancora vivo e forse indelebile, capace di mostrare il vero senso del nostro odierno spingerci in avanti. Ma qualcosa è andato storto, inutile persino dirlo ancora. Sarà invece soltanto uno stupido quaderno di carta perciò, da bruciare senza indugi, dentro una stufa ormai già calda, forse già alla prima occasione buona, sorridendo con espressione definita del crepitare alto della fiamma, mentre in un attimo segue, come adesso fa la penna, i profili scuri delle lettere d’inchiostro da cui appare impreziosito.

Bruno Magnolfi

Carta da bruciare.ultima modifica: 2022-04-19T15:58:03+02:00da magnonove
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