Attesa risposta positiva.

 

“Iniziano quasi ogni brano con dei suoni distesi, pacati, mescolando piccole frasi strumentali in un’atmosfera completamente atonale, organizzando piccole tensioni che tendono in seguito a distendersi. Poi alcune volte si riconosce una linea di basso che richiama gli altri verso un nucleo armonico, ed alla fine giungono una serie di accordi del pianoforte che tendono come a completare tutti i valori sospesi. Gli altri a quel punto iniziano a muoversi, generalmente senza fretta, su una delle scale modali, ed anche le percussioni strutturano comunque un ritmo più o meno cadenzato. Non dura molto, i fiati sono i primi a rompere il gioco, e tutto confluisce nuovamente nell’alveo dei suoni liberi, ma sempre su dei toni piuttosto smorzati.” Difficile rendere il senso di un’esperienza complessa come quella di ascoltare della musica di chiara provenienza free jazz, però ripensata con maniere gentili, senza urla, senza alcuna ricerca del grido tirato. Pare quasi, in certi momenti, di trovarsi davanti ad un quintetto da camera, una combo gentile e garbata, capace di mescolare con strumenti tradizionali tanti linguaggi diversi, fondendo facilmente tra loro culture e reminiscenze lontane, quasi un elenco completo e disordinato di idee.

“Il locale è il solito jazz club, come ce ne sono tanti ormai in ogni città; piccolo, disadorno, mal illuminato, dove le prime sedie per il pubblico sono accostate alla pedana dei musicisti, quasi nel tentativo di mescolare quei ruoli. La musica si tocca davvero in luoghi del genere, letteralmente, ed anche se spesso vi si possono incontrare solamente i soliti appassionati, ugualmente stasera si respira un’aria diversa, che non sa di risaputo, e che si inoltra per nuovi sentieri, seppure riconoscibili.” Come spiegare quando qualcosa ti prende, ti stuzzica, ti colpisce, anche se non ne vedi nell’immediato una ragione precisa? Perché chi sta suonando non si permette di fare il virtuoso del proprio strumento, piuttosto sa lasciare continuamente all’altro la possibilità di introdursi, di fraseggiare, di esprimersi, nella ricerca continua di un vero dialogo sonoro. Non si avverte alcuna necessità di primeggiare in una musica del genere, e in questa maniera si apprezzano gli spunti, gli accenni, addirittura le piccole citazioni.

“La bravura di questi ragazzi sta proprio nel cercare di non scavalcarsi mai l’uno con l’altro, e di evitare continuamente gli assolo sparati a cui qualcuno forse è più abituato, lasciando la contemplazione, per un pubblico attento come questo, di un’atmosfera dipanata, senza sforzi, quasi rarefatta in certi momenti.” La difficoltà di chi suona non sta nello spremere lo strumento per cavarne fuori mille sonorità complesse, ma di lasciare al contrario che la semplicità di ogni suono avvolga una struttura composta da tanti piccoli tasselli, di eguale importanza l’un l’altro, lasciati come un mosaico a galleggiare su una musica spesso libera da ingombranti strutture. “Qui si attinge ad un archivio mentale di elementi diversi, e si elabora in senso creativo strutture melodiche e armoniche in tempo reale, nell’interazione e nel rispetto di ognuno, all’interno di un gioco strumentale  continuo di tutti quanti i componenti del gruppo”.

<<Mi è proprio piaciuto>>, dice G.M. ad un conoscente che ha incontrato davanti al bancone di legno del jazz club per un’ultima bevuta, prima di andarsene via, per scappare a riscrivere rapidamente gli appunti sul pezzo in pubblicazione domani. <<Forse non siamo neppure più abituati ad ascoltare una musica del genere, anche se è l’alternativa più forte al prodotto di largo consumo>>. L’altro sorride, e quando si volta ci sono proprio due dei ragazzi del gruppo di jazz, quelli che per primi hanno finito di riporre i propri strumenti, ed adesso si sono fermati lì accanto, forse per bere qualcosa anche loro. <<Ci fa molto piacere>>, dicono sottovoce sorridendo la pianista ed il batterista, inarcando la testa in mezzo alle spalle, come a mostrare quasi un infantile moto di timidezza. <<Eppure non ci voleva molto ad inventare una musica così>>, dice ancora il giornalista; <<era sufficiente pensarci>>. Il tono è molto cordiale, i ragazzi spiegano in due parole le loro recenti esperienze fino a stasera; G. M. naturalmente prende appunti, e sembra molto contento di essersi imbattuto in due strumentisti così giovani e freschi per una musica talmente fuori dalle mode come quella che hanno proposto stasera, perciò chiede ancora qualcosa sui ruoli all’interno della loro formazione, ed infine rinnova con enfasi i suoi complimenti.

<<Se qualcuno ci aiuta, addirittura vorremmo fare a breve una registrazione seria del materiale che abbiamo suonato stasera. Magari per riversarlo poi su un vinile>>, dice Lorenzo, il batterista. G.M. allora si volta mentre sta uscendo: <<Stiamo a vedere che cosa succede dopo la pubblicazione del mio articolo sul giornale di questa città; magari la risposta positiva che adesso cercate potrà giungere proprio da lì>>.

Bruno Magnolfi

Attesa risposta positiva.ultima modifica: 2021-11-09T17:04:43+01:00da magnonove
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