Inevitabile attrazione gravitazionale.

 

Franca è tranquilla. Qualche volta riflette che al fine di ottenere la possibilità di librarsi nell’aria, superando la semplice forza di gravità terrestre, per lei praticamente pare sufficiente quella sua rara ma indiscussa predisposizione che sente nel proprio spirito; così come ritiene di essere perfettamente cosciente del fatto che giusto con un’abile concentrazione del suo stesso pensiero, applicato ad un qualsiasi piccolo oggetto il quale si trovi per combinazione davanti ai suoi occhi, sia capace di riuscire a spostarne, magari anche soltanto di poco, quella stessa momentanea collocazione che mostra. Non ci sono gravi difficoltà: basta essere del tutto convinti di quello che si vuole ottenere, ed il resto è soltanto determinato dallo spessore magnetico del proprio pensiero. Poi comunque sorride. Il gioco di alzarsi nell’aria le risulta possibile soltanto per un tempo estremamente limitato purtroppo, ed oltretutto solo per pochi sciocchi centimetri, e per ottenere questo bel risultato le occorre persino trovarsi completamente da sola. Così già in una strana occasione ha cercato di spiegare a due o tre compagne di classe del suo liceo, durante una pausa delle lezioni, ciò che con un piccolo impegno era in grado di fare, ma naturalmente nessuna di loro ha preso sul serio le parole di Franca, e lei perciò si è messa subito a ridere delle proprie parole, per mostrare a tutte in questa maniera che il suo era soltanto uno scherzo.

A casa, nel silenzio che c’è intorno alla propria scrivania, lei certe volte si muove davvero sollevandosi sopra la sedia su cui sta seduta, magari proprio mentre impegna tutto il tempo pomeridiano nello studio concentrato di una delle tante materie scolastiche, ma forse questa è semplicemente una sensazione che prova soltanto in alcune occasioni, magari proprio nell’attimo stesso in cui i suoi pensieri si fanno davvero colmi di intensità. Nell’angolo quasi dietro la porta, all’interno della sua grande stanza ben arredata, ha sistemato da poco il suo nuovo pianoforte elettronico, una tastiera di concezione molto avanzata, in tutto e per tutto quasi identica ad uno strumento di tipo acustico, anche se il fatto di poterla suonare in qualsiasi momento senza produrre alcun suono, oltre quelli che lei può ascoltare tramite una cuffia collegata tramite il cavo, non può certo attirare la sua voglia di esercitarsi in qualsiasi momento del giorno. Franca si è data dei tempi precisi perciò, con orari ben prefissati, e se sopra al tradizionale piano verticale del salone di casa prosegue ogni tanto a scaldare le dita con le solite Sonate di Schumann, lasciando persino ai suoi genitori la possibilità di ascoltarla, la sera tardi, poco prima di coricarsi nel letto a dormire, accende quella sua nuova tastiera elettronica, naturalmente dopo averla sfilata dalla custodia, e nel silenzio quasi completo dei suoi libri e dei tanti oggetti da cui è circondata, tenta di affrontare qualche partitura di Boulez per piano solo, oppure la sequenza IV di Luciano Berio.

Franca è curiosa. Aver imparato a leggere la musica e a suonare il pianoforte in età adolescenziale, non le è mai sembrato sufficiente a riempire la sua voglia di nuovo, di maggiormente attuale, di più aderente agli anni che vive. Così, dopo aver provato a forzare le cose con il suo maestro di piano, che dovrebbe farle acquisire i rudimenti utili a sostenere il prossimo esame di ammissione in Accademia, ma che finora è stato soltanto capace di sottoporle al massimo lo Scherzo o la Tarantella di Stravinskij, si è decisa a farsi spedire a casa, da una certa editoria specializzata, le pagine musicali più particolari che si possono trovare in commercio, fino a cercare, su alcuni manuali di armonia, i limiti verso cui risulta possibile spingere tutto ciò che si desidera suonare. Lei sa che è nascosto proprio lì dentro l’impulso per volare a mezz’aria, e certe volte riesce persino a sentirne la forza di trascinamento, anche se poi le rimane spesso il sapore di qualcosa che ancora non è riuscita minimamente ad ascoltare, qualcosa che la spinga ancora più avanti, oltre le cose intorno alle quali riesce oramai a destreggiarsi in maniera dignitosa.

Poi c’è Lorenzo, il suo casuale compagno di banco, che le ha solo accennato, ovviamente senza alcuno scopo segreto, di suonare del jazz modale con il suo gruppo di amici, ed è Franca adesso che si trova a provare grande curiosità immaginando di poter ascoltare direttamente con le proprie orecchie, un giorno o l’altro, quello che loro riescono a fare, anche se l’indubbia riservatezza di lui, assommata al proprio timido atteggiamento a volte anche troppo evidente, risultano insieme ad un tale livello da riuscire a frenare qualsiasi volontà nel porgli delle domande dirette sulla sua musica, che rimane così, per quanto al momento poco ne sappia, assolutamente qualcosa ancora da scoprire, forse mostrandosi addirittura come un traguardo di conoscenza verso cui aspirare al più presto possibile, quasi un inevitabile punto di arrivo, magari qualcosa capace di farle provare un senso del tutto nuovo, tipo il superamento totale della stessa forza di gravità.

Bruno Magnolfi

Inevitabile attrazione gravitazionale.ultima modifica: 2021-08-27T15:36:10+02:00da magnonove
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