Ascolto cosciente.

 

Lontano, quasi in una diversa dimensione, si potrebbe probabilmente evitare di affrontare delle questioni puramente formali nei riguardi di certe concezioni ormai stratificate dalle abitudini. Però qui resta comunque difficile stabilire quanto si debba riflettere prima di cambiare qualcosa, o se al contrario tutto venga predisposto all’improvviso da un semplice scatto in avanti, da un colpo di testa, da un’idea improvvisa e del tutto poco razionale, qualcosa che in un attimo riesca a spostare ogni regola, come una semplice intuizione, forse neppure troppo ricercata, un fatto che in seguito magari qualcuno si incaricherà di rendere dimostrabile persino teoricamente. Il suono appare un amico, spesso dolce, anche carezzevole, quasi un elemento che sembra il frutto spontaneo della natura stessa, e quindi immodificabile per decenni e per generazioni, fino a quando qualcuno non inizia a forzarlo, a scalzarlo, ad attaccarlo da ogni lato, e inevitabilmente interviene così, fino a farsi additare da tutti come un nemico della purezza e della castità. Ma non basta, quando poi quello arriva a smontarne completamente la struttura nella forzata ricerca di proporne una nuova più vicina all’angoscia contemporanea, ecco che fatalmente si accorge di essere ancora nell’alveo dello stesso identico materiale, e di averlo soltanto portato in questa maniera alle sue più estreme conseguenze. Anton Weber accantona tutto questo e propone qualcosa di diverso: la serializzazione integrale dei parametri uditivi, ma anche tutto questo funziona solo fino a quando non ci si pone il problema più grande, quello del tempo. La musica ad un tratto non è più narrazione, ma fissità.

La dottoressa Cecilia di questi argomenti è andata a parlarne già qualche volta in passato con il maestro Bottai, ed adesso gli ha spiegato dettagliatamente quale vorrebbe essere il suo prossimo saggio al momento ancora soltanto nella fase di semplice progetto, in considerazione soprattutto del fatto che il maestro ha sempre accolto i suoi ragionamenti senza cercarne aprioristicamente i difetti; lei però ha mostrato in più di un caso l’intento nei suoi confronti di una velata provocazione, quasi una maniera per cogliere forse anche in lui come in altri quel disagio di ciò che ovviamente ai suoi occhi una certa cultura prosegue a rappresentare, cioè il classicismo, la tradizione, la resistenza della tonalità, e quindi dei fondamenti musicali stessi nella loro continua interpretazione, almeno fino a quando, esattamente durante l’ultima breve visita che gli ha fatto nell’oscuro appartamento adibito da sempre a suo studio, si è accorta con una certa meraviglia che non c’era quasi più alcuna resistenza, da parte del maestro, a quella velleitaria proposta accampata da parte della studiosa, dell’accantonare forzatamente con un solo colpo di spugna tutte le regole, indicando questa semplicemente come la strada migliore per il superamento della vecchia musica.

Impossibile, ha pensato la dottoressa Cecilia, da parte di un illustre esecutore del passato come il Bottai, evitare adesso di attaccarsi con tutte le proprie forze a ciò che praticamente si è mostrato come il corso fondamentale nella sua vita di interprete e di pianista; a meno che un tardivo rigurgito per tutti quei ”ritardando” romantici, e quegli sviluppi essenziali sulla nota sensibile della scala, non abbia portato improvvisamente il maestro ad abbracciare qualcosa di diverso, una necessità dello spirito, prima ancora che della forma. Infine però, proprio lui stesso, quasi parlasse da solo e usando anche un tono di voce basso e pacato, le ha chiarito che: <<l’attività pedagogica della musica non può limitarsi alla riproduzione alienante e distratta dei materiali sonori, ma deve prenderne presto coscienza, fino ad integrare in questo comportamento anche i motivi specifici della sua evidente disgregazione. Alla facilità d’uso e consumo del prodotto musicale, noi oggi dobbiamo contrapporre l’ascolto cosciente>>. La dottoressa non ha saputo ribattere nulla al riguardo, e la sola cosa che si è trovata nell’immediato a mettere in pratica, è stata quella di radunare tutti i suoi appunti e ringraziare a lungo il maestro Bottai, quasi come colui che all’improvviso riesce a dimostrare con semplicità che nessuno può a lungo permettersi di rimanere immobile nell’arco del proprio tempo, almeno senza affrontare prima o dopo quello che con evidenza il flusso del mondo contemporaneo porta con chiarezza davanti allo sguardo proprio e a quello di chiunque.

Bruno Magnolfi

Ascolto cosciente.ultima modifica: 2021-08-19T15:23:24+02:00da magnonove
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