Nessun disturbo.

 

Mi sono ficcato in un angolo. Mi tengo le ginocchia e sto rannicchiato. Cosa m’importa di tutto il resto, sto qui da solo con le mie ossa, tanto non c’è nessuno che mi cerchi, che mi voglia, che abbia bisogno di uno come me. Non sono ubriaco, il fatto è che in questo momento non riesco neanche più a fare un ragionamento che abbia un minimo di logica, tanto vale che mi lasci andare, già sono dimagrito parecchio per i pasti saltati, e poi questa febbre che sento rialzare ogni volta che soltanto ci penso, sono certo sarà di sicuro proprio quella che mi porterà via. Nel mio rifugio di animale braccato oramai non c’è niente, soltanto delle scatole di cartone e qualche coperta, come servissero delle cose del genere a tenere lontano questo malessere che non accenna ad allentare la morsa. Però, anche se stessi bene, in fondo sarebbe la medesima cosa. Se vai in giro le persone per strada neppure ti vedono. Perché tu sei soltanto il niente, un elemento di qualche sondaggio, un fastidio per tutti, diciamolo chiaro, anche per coloro che lo negherebbero con forza se soltanto ne avessero voglia. Non mi va di andare in un ospedale, lì sarei di nuovo soltanto un numero, un corpo sdraiato su un letto in cui infilare degli aghi e su cui tentare cure che in seguito potrebbero soltanto servire a qualcun altro. Voglio starmene qui, con la mia febbre sudata, ad aspettare la fine che mi farà sfuggire a tutti i pronostici, a ciò che qualcuno sicuramente ha già deciso per me.

Ho una bottiglia di riserva da qualche parte, ma ne ho preso soltanto un paio di piccoli sorsi, il resto lo tengo per i momenti difficili, perché tanto lo so che le cose non potranno altro che peggiorare per me. Potrei mettermi qui a ripensare al passato, convincermi persino che non ho alcun rimpianto, e se è andata così è perché non c’era nessun’altra possibilità per uno come me, e questo che sono diventato rappresenta semplicemente il meglio di tutto quello che avrei mai potuto fare. Però evito certi ragionamenti, non portano mai a niente di buono, perché tutto quello che conta davvero è soltanto il presente, il resto è soltanto un mescolo di nostalgie e sentimentalismi senza uno scopo. La mia febbre sale, la sento, ho la fronte sudata, ho voglia di chiudere gli occhi senza pensare più a nulla, anche se un minimo di me avrebbe ancora voglia di reagire, di scuotersi di dosso la malattia, di lottare, perché tutte le cose per me sono sempre state una terra di conquista, qualcosa da guadagnarsi a morsi di fame, come fossi un bastardo disperato giunto dalle steppe di chissà dove per accaparrarsi almeno qualcosa, un pezzo di pane, un cucchiaio di minestra, a giustificazione di tutto lo sforzo compiuto, della strada percorsa, di questa fatica infernale impiegata ogni giorno senza mai riposarsi, fino all’estremo, fino a ritrovarmi spossato, senza più forze, sfinito.

C’è l’infermiera adesso che dice forte il mio nome nell’aria tiepida di questa camera, che cerca in qualche modo di scuotermi, di liberarmi almeno in parte da questa nebbia che è rimasta attaccata ai miei occhi, mentre a me verrebbe soltanto da ridere: non ci sarà alcuna salvezza sotto alle bianche lenzuola  di questo letto, non c’è futuro per me, perché non ho più voglia neppure di pensare a me stesso, di convincermi che sono persona, uno come tutti, e che posso ancora dire: sono qua, un individuo che possiede una personalità, una volontà, un proprio ragionare, perché non è vero. Sono soltanto quello che volete che sia, ma non è colpa vostra, sono le cose che stanno in questa maniera, e tutto è capitato senza un disegno preciso, come se il caso avesse voluto giocare con noi. “E’ ancora alta la febbre”, dice il dottore, “dobbiamo far questo, e poi anche quest’altro, e ancora provare”. Lasciate perdere, penso ancora io rannicchiato come sto dentro al mio corpo; non serve a niente darsi tutto questo disturbo, le cose si sono messe in questa maniera, non avverrà alcun miracolo, sarà molto meglio per tutti che io mi tolga dai piedi e lasci a coloro che restano un ricordo almeno positivo; oppure niente, perché tanto quello che è stato fino adesso è soltanto qualcosa da dimenticare, e il mio presente non riscatta nemmeno una parte del mio essere stato. Perciò arrivederci, penso con ironia, la mia febbre è la più forte di tutti, e sicuramente avrebbe vinto lo stesso, anche se non le avessi dato il mio aiuto per trovare la strada migliore e più facile.

Bruno Magnolfi

Nessun disturbo.ultima modifica: 2021-03-12T18:59:25+01:00da magnonove
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