Meglio che niente.

 

Salgo nel pomeriggio sul treno semivuoto, e mi sistemo come d’abitudine sul primo sedile libero che trovo. Mi piace sentirmi un po’ da solo quando torno verso casa. La mattina c’è sempre molta più gente dentro queste carrozze, e spesso devo rimanere in piedi per tutti i quaranta minuti del viaggio. Ma adesso è diverso, posso rilassarmi per un momento dopo la giornata di lavoro, e pensare tranquillamente alle mie cose. Invece arriva un tizio dopo un attimo, e si siede di fronte a me. Non dice niente, io non lo conosco, ma lui mi guarda come cercasse di ricordare dove mi ha già visto. Socchiudo gli occhi appoggiando la testa alla mia mano, e lascio che la periferia della città scorra come sempre fuori dal vetro del finestrino, senza interessarmene. Ma il tizio d’improvviso dice: “ecco; mi sembrava, lei è esattamente la persona che ho incontrato stamani”. Lo guardo meglio, ma non è una fisionomia che riesca a suggerirmi qualcosa. Scuoto leggermente la testa per fargli capire che non sono colui che crede, e che in ogni caso non ho voglia neppure di ascoltarlo.

Quello si calma per un momento, dandomi l’illusione che intenda smetterla, ma poi riattacca con la solfa di avermi incontrato in un ufficio e che forse potrei aiutarlo. Gli dico ancora che non sono io la persona che cerca, e che comunque fuori dall’orario di lavoro non faccio niente per nessuno. “Mi deve aiutare”, dice quello; “io lo so che lei lavora al patrimonio edilizio degli uffici comunali, e per lei sarebbe soltanto una sciocchezza, una minuzia, appena un piccolo aiuto da dare ad una pratica che giace  su qualche scrivania da tempo immemorabile. Lo guardo meglio: effettivamente lavoro nell’ufficio che lui ha citato, ma personalmente non svolgo un’attività aperta al pubblico, mando avanti tutto il mio mestiere nelle stanze dell’archivio, per cui non può proprio avermi visto da nessuna parte, a meno che qualche collega non gli abbia indicato, a questo tizio che mi sta adesso di fronte, proprio la mia figura come quella in grado di aiutare chicchessia. Ribadisco che la mia etica lavorativa non mi permette di fare distinzioni tra le persone, per cui, anche se è vero che lavoro negli uffici che lui ha citato, ciò non significa che io possa né che sia in grado di aiutarlo.

Quello si placa per qualche attimo, sembra quasi convinto, poi però mi chiede a quale stazione io debba scendere. Non mi sento assolutamente nelle condizioni di spiegare ad un tipo del genere tutti i fatti miei, ma nella speranza che almeno poi mi lasci perdere, gli dico tra i denti in quale fermata abbandonerò questo maledetto treno di pendolari, ma lui a quel punto dice che allora scenderà con me, che mi accompagnerà per tutto il tragitto fino a casa mia, ed in quel tratto di strada proseguirà a spiegarmi dettagliatamente tutta la situazione che io assolutamente devo conoscere. “Non ho il minimo interesse per la sua situazione”, gli fo secco; “e poi quando torno a casa voglio starmene da solo”. Silenzio. Adesso sembra offeso questo tizio. Tira fuori delle carte da una tasca ed inizia a guardarle senza degnarmi più neppure di un’occhiata. Ci fermiamo ad una nuova stazione e lui niente, lo sguardo perennemente incollato alle sue cose e la consegna del silenzio che prosegue a rispettare. Infine mi alzo dal sedile, “devo scendere”, gli dico; e lui ritrae le gambe per lasciarmi passare più agevolmente. “Mi dispiace per il suo problema”, gli fo. “Se vuole posso segnalarlo ad un mio collega che smista le pratiche”. Lui mi guarda, riflette per un attimo, sembra quasi confabulare qualcosa tra di sé, ed alla fine dice soltanto: “no, la ringrazio; in fondo non importa, scusi anzi se l’ho importunato. Le cose in qualche modo si risolveranno; la mia pratica prima o dopo verrà ripresa in mano da qualcuno, ed allora sarà tutto più chiaro. In ogni caso”, dice dandomi un foglietto ripiegato, “questi sono gli estremi della pratica in questione, e dietro c’è il mio nome ed anche il numero di telefono a cui rispondo. Senza impegno, ma ciò che riuscirà a fare per me, sarà comunque sempre meglio del niente che ho ricevuto fino ad oggi.

Bruno Magnolfi

Meglio che niente.ultima modifica: 2020-09-30T20:49:54+02:00da magnonove
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