Voci di corridoio.

 

“Le sento, le ho sentite anche stamani, mentre stavo a casa da solo”, dico con una certa irruenza al medico che prosegue a guardarmi con espressione dubbiosa, come se io fossi capace di esprimere soltanto delle sciocchezze. “Sono qui, dentro di me, queste voci, e sembrano di persone che ogni volta continuano a parlare tra loro, tanto che io non riesco neppure a comprendere quello che dicono. Bisbigliano, gemono, sfottono, fanno delle pause, poi una di loro a volte sembra persino iniziare a cantare, come le tornasse naturale allungare le vocali ed intonare qualcosa. Sembra ogni volta un gruppo di svariate persone riunite insieme chissà per quale motivo, ma non si riferiscono mai a me direttamente, perché è come se si intrattenessero l’un l’altro in una stanza diversa, una stanza lontana, in fondo ad un corridoio. Poi ridono, scherzano, prendono in giro, e di nuovo mi fanno innervosire, come sapessero che io le ascolto. Alla fine però smettono, si acquietano tutte, e non si fanno più sentire per chissà quanti giorni”.

Mi alzo dalla sedia dove il dottore ha detto di sedermi per spiegare con calma i miei sintomi; in fondo non volevo neppure venire fin qui a parlare di quello che spesso mi accade, perché già lo sapevo che ciò che sto tentando di spiegargli non sarebbe mai stato creduto. E poi so benissimo che non c’è alcuna cura messa a punto magari da qualche illuminato studioso per una malattia di questo genere, semplicemente perché non si tratta di una malattia, è soltanto la verità di ciò che mi accade ogni tanto, senza che io possa impedirlo. Il medico prosegue a guardarmi in una strana maniera, mi chiede di tornare a sedermi, poi prende appunti, sembra pensieroso, e ad un tratto fa intervenire una sua silenziosa assistente. Le dice di preparare un certo medicinale, e poco dopo la donna, certamente un’infermiera, torna dal retro dello studio con una siringa già pronta. Lui viene verso di me, mi guarda, poi mi preme l’ago in un braccio, senza darmi alcuna spiegazione, ed alla fine mi fa sdraiare sopra al lettino accanto ad una parete.

Avverto stanchezza, un ronzio nelle orecchie, un brusio piuttosto confuso che non è affatto quello a cui sono ormai abituato, ed improvvisamente ho quasi voglia di prendere sonno, di chiudere gli occhi e di lasciarmi andare ad un assopimento leggero. Invece il medico bruscamente torna a chiedermi le stesse cose di cui abbiamo precedentemente parlato, mi dice di ripeterle, di spiegarle ancora una volta, perché adesso, afferma lui, saranno più vere. Allora riprendo a parlare di quelle voci e di quella stanza lontana, del canto e delle risate, ma mentre dico tutto questo, mi sembrano sempre più oscure queste vicende, quasi una storia inventata, tanto che mi prende il dubbio sensato che tutto quello che dico non sia mai accaduto davvero.

Chiudo gli occhi mentre continuo a parlare, e la stanza del medico improvvisamente mi pare come allontanarsi, e la mia voce confondersi, mescolarsi con quelle di altri, tanto che alla fine mi trovo a bisbigliare, lasciare andare dei gemiti, fare una pausa, e forse vorrei anche sfottere come si merita questo dottore, per poi alla fine allungare qualche vocale mettendomi a cantare a bassa voce, tra me, quasi ridendo. Al mio interno però avverto una pausa, un momento di silenzio in cui tutto sembra sospendersi come per prendere tempo. Quando infine torno ad aprire gli occhi e ad alzarmi, non c’è più nessuno dentro lo studio, la porta della stanza è stata spalancata, ed il corridoio appare deserto. Così, lentamente, prendo e me ne vado; che tanto non avrei neppure dovuto venirci qua dentro.

Bruno Magnolfi

Voci di corridoio.ultima modifica: 2019-12-15T20:44:36+01:00da magnonove
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