Rifiuti.

Al caffè di pomeriggio non c’è nessuno, soltanto un vecchio in un angolo, che legge un giornale muovendo la testa, lentamente. Fuori, lungo la strada, il solito passaggio di macchine e di gente a piedi. Serata fiacca, pensa il barista mentre sistema le tazzine. Poi entra lei, da sola, muovendosi come non fosse giunta veramente là dentro, e senza neppure guardarsi attorno un momento, quasi che le cose ordinarie presenti non riuscissero neanche a sfiorarla. Si accosta al banco con calma, mostra che intende riferirsi alla persona che sta lavorando proprio lì dietro, ma resta comunque ad una distanza rispettosa sia per lei che per il tipo di locale, ed infine chiede con moderazione e bella voce, un’informazione tutto sommato piuttosto semplice. Le viene risposto immediatamente, con l’aggiunta di ulteriori indicazioni che completano la notizia nuda. Lei ringrazia, senza sorridere, torna verso la porta vetrata, il barista esce da dietro il suo banco e si precipita ad aprire, proprio quando lei sta per uscire. Una volta fuori, la donna sparisce velocemente dentro una grossa auto dai vetri oscurati.

Più tardi torna, ancora da sola, maggiormente agitata e seria di com’era prima, e nel locale adesso c’è un bel po’ di gente che sorseggia qualche aperitivo, ma soprattutto ride e chiacchiera, spesso a voce alta. Lei si avvicina, dice con un tono molto leggero qualcosa al barista, il medesimo di prima, e lui spiega ad occhi spalancati che non ha trovato niente, nessuna lettera o biglietto come gli chiede questa donna che adesso tutti dentro al caffè stanno magicamente osservando. Per solerzia, gli viene in mente perfino di chiedere la stessa cosa anche al suo cameriere, forse anche per dare maggiore credibilità alle sue parole, affacciandosi sul retro mentre quello è intento a preparare i salatini per i clienti, e la donna in questo movimento lo segue, accettando addirittura quella remota possibilità. Quando torna nella saletta lei guarda a terra, tra i piedi di tutti e le zampe metalliche delle sedie, con espressione quasi disperata. Non si decide neppure con facilità ad andarsene, dice ancora varie volte per favore, con l’atteggiamento di chi non sa più che pesci pigliare, e infine pare rassegnarsi.

Poi esce, ma resta sul marciapiede antistante, lei che praticamente appare fuori luogo in qualsiasi posto si trovi, se non è almeno un ambiente di classe, ma che in ogni caso, soltanto con la sua presenza, riesce ad impreziosire tutto ciò con cui viene a contatto. Il barista l’osserva ancora per qualche minuto, prepara qualche cosa che gli ha chiesto un cliente, e alla fine si muove e arriva fino sulla porta, per un ultimo sguardo curioso, e forse vorrebbe addirittura dire ancora chissà cosa a quella donna, ma poi ci riflette e alla fine rinuncia. Lei però improvvisamente si volta, lo guarda ancora per un attimo, di là dal vetro, la sua espressione si fa adesso severa, quasi cattiva, e dopo, malcelando la stizza, se ne va. Lui si sente amareggiato per quella occhiata che crede di non meritarsi, torna dai suoi clienti, anche se improvvisamente si sente dispiaciuto di tutto.

Più tardi, rimasto solo all’ora della chiusura, una volta sistemate tutte le sue cose, il barista ripensa ancora una volta a quella donna, indaga vagamente sull’assurdità di tutto quanto, poi, serrando il locale, trova sotto la porta vetrata un piccolo biglietto ancora ben chiuso. A quel punto rientra, non lo dispiega neanche ma va deciso nel retro, alza il coperchio ed accartocciandolo lo getta immediatamente nel secchio, senza altri pensieri, preciso in mezzo ai rifiuti.

Bruno Magnolfi

Rifiuti.ultima modifica: 2014-04-10T21:20:00+02:00da magnonove
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