Scena n. 25. La solitudine dell’attore.

           

 

            Volete finirla di trattarmi come un idiota?, aveva detto quasi urlando l’attor giovane mentre stava in piedi sul palco. Se non altro aveva immediatamente ottenuto quasi il silenzio da parte di quella dozzina di suoi colleghi, che durante una piccola pausa delle prove per la commedia che sarebbe andata in scena la settimana seguente, stavano praticamente scagliandosi a parole gli uni contro gli altri, addossandosi la colpa di qualcosa che, secondo l’opinione del regista e di un paio di suoi accompagnatori, non stava dando i risultati sperati. C’era stata addirittura una nota di dolore nell’espressione del giovane attore, proprio nel momento in cui non era più stato capace di trattenersi, quasi una voglia incontenibile di piangere, e questo fatto aveva mostrato con chiarezza la fragilità della sua persona.

            Tutti gli altri attori si erano fermati ad osservarlo, pareva quasi che avesse detto qualcosa di assurdo, e probabilmente ciascuno di loro aveva pensato di non avere alcuna responsabilità diretta in quello che stava accadendo; sembrava all’improvviso che qualcosa sul palco si stesse rompendo, qualcosa che mostrava evidenti le invidie, i sotterfugi, le simpatie di comodo, che pur avevano continuato a serpeggiare tra tutti gli addetti durante quelle giornate di prove, ma di questa situazione nessuno aveva voglia di sentirsi minimamente responsabile, tantomeno avrebbe voluto essere incolpato di ordire macchinazioni ai danni di quello o di quell’altro. Con questa uscita, adesso, pareva quasi che quel clima di forte collaborazione, auspicato dal regista, ma portato avanti da subito come una semplice apparenza per tutto quell’intero periodo di prove, fosse in questa maniera messo del tutto in disparte. Sembrava proprio che ognuno, da quel momento in avanti, dovesse porsi scopertamente sulla difensiva rispetto ai colleghi, senza più cercare contributi o soccorsi.

            Non mettiamola troppo sul tragico, aveva detto a bassa voce il protagonista principale della commedia, come cercando di parlare a nome di tutti ma senza neppure mostrare una grande convinzione in ciò che diceva. Si era avvicinato così all’attor giovane, che intanto stava fermo, voltato verso il fondale del palco, come alla ricerca di quella calma che gli era sfuggita, e stendendogli un braccio sopra le spalle, con un gesto un po’ paternale, gli aveva sussurrato qualcosa all’orecchio, cercando probabilmente di riprendere il controllo della situazione. Due attrici minori intanto si erano spostate in un angolo per confabulare qualcosa, ed anche il regista, poco distante dallo scenografo, si stava lasciando consigliare da coloro che sedevano vicino al suo fianco.

            Infine l’attor giovane aveva detto qualcosa: scusate, quasi balbettando; mi sono soltanto fatto prendere dai nervi. Il regista a quel punto aveva detto a voce alta che le prove sarebbero riprese un’ora più tardi, e tutti avevano cominciato ad abbandonare quel palcoscenico. Nessuno però sembrava aver voglia di farla passare liscia a quel giovane attore: come si permetteva, lui che aveva ancora tutto da apprendere, di fare delle uscite del genere? Gli attori più anziani scuotevano la testa mentre lasciavano il palco, gli altri gesticolavano con le mani pur mantenendo bassa la voce.

            Infine il teatro era rimasto deserto, persino il regista era uscito, soltanto lo scenografo era rimasto ad osservare qualcosa e a completare lo schizzo che stava tracciando su un foglio. Poi si era alzato dalla sua poltroncina, e aveva visto il giovane attore che si era seduto da solo in platea qualche fila più indietro, come a meditare su quanto era accaduto. Aveva avuto quasi voglia di andare verso di lui, forse dargli un piccolo incoraggiamento, cercare di non farlo sentire così in solitudine in mezzo a quelle belve da cui si doveva in qualche maniera difendere. Ma poi aveva riflettuto che non era il caso di schierarsi da una parte o dall’altra, non era quello il suo ruolo, non faceva parte in nessuna maniera della sua attività; così si era limitato a dare una semplice occhiata nella direzione di quel ragazzo, a sistemare le sue carte, i colori e tutte le matite che si erano sparse, ed andarsene via anche lui, proprio come quegli altri.

 

            Bruno Magnolfi

Scena n. 25. La solitudine dell’attore.ultima modifica: 2012-09-05T20:30:10+02:00da magnonove
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