Niente da dire.

Lui, tentando di lenire il mal di stomaco che provava da giorni, e alleggerire la sensazione di estrema oppressione che non lo lasciava dormire, alla fine si era deciso a voler sapere di più sui comportamenti che teneva la sua fidanzata quando non erano assieme, e così l’aveva seguita. A dire il vero gli dispiaceva molto dover ammettere di sentirsi geloso, ma le sensazioni che aveva iniziato a provare in quegli ultimi tempi erano tutte riconducibili ad un sentimento molto vicino a quello stupidissimo termine. Per cui non aveva trovato alcuna alternativa. Pur sentendosi fortemente ridicolo, aveva immediatamente adottato alcune precauzioni, di natura mimetica, tali da non permettere ad anima viva di capire cosa stesse orchestrando, e soprattutto perché. Con parrucca, occhialoni e un impermeabile enorme acquistato ad una bancarella di usati, si era piazzato già dal mattino di fronte alla abitazione della sua fidanzata. Solo star lì, come un idiota, lo faceva sentire sofferente, ma quando pensava che oramai era doveroso per lui sapere cosa poteva succedere nella sua vita, le cose ritrovavano un giusto equilibrio. Già quando l’aveva vista passare gli era subito preso un rigurgito di quel sentimento perverso che lo aveva portato fin lì, riconoscendola vestita di fino, con il trucco vistoso sul viso, una persino troppo abbondante scollatura sui seni, e dei capelli molto ben pettinati e curati, quasi tutto esagerato per una giornata qualsiasi, qualsiasi per come lei gli aveva spiegato che avrebbe dovuto essere stata: “…da trascorrere in giro senza una meta, a guardare vetrine e acquistare qualcosa…”. Lui aveva subito nutrito un sospetto. L’aveva guardata attraversare la strada. Era salita sull’autobus, e lui dietro di lei. Era scesa ad una certa fermata, e anche lui. A passo forse un po’ troppo svelto, lei aveva percorso un marciapiede del centro, si era fermata solo una volta ad osservare qualcosa dentro un negozio, poi, con i suoi tacchi alti e le scarpe ben lucide, aveva ritmato i suoi passi fino alla piazza seguente, quando si era fermata davanti ad un enorme portone di legno, e lì aveva pigiato il pulsante di un campanello che lui, da lontano, non aveva potuto vedere. Infine le avevano aperto, e lei era entrata. Lui aveva preso nota dell’ora, si era seduto sopra una panchina quasi di fronte, aveva rivolto lo sguardo imperterrito verso quel sito e aveva aspettato. Quasi due ore prima che lei uscisse di nuovo. Allora si era scagliato verso di lei pur vestito come un idiota, aveva cercato di dirle qualcosa, ma lei, non riconoscendolo in nessuno che avesse mai frequentato, ancora abbigliato com’era, aveva cercato di sfuggirgli con tutta se stessa. Si era verificato un diverbio, uno scambio alterato di parole pesanti, lui aveva continuato a sentirsi dalla parte del giusto, e lei, riconoscendo ad un tratto il suo fidanzato, era parso del tutto impossibile che una persona della quale aveva piena fiducia l’avesse spiata in quel modo, travestito da fesso, come un dilettante del mondo, e poi soltanto per riuscire a scoprirla mentre andava con innocenza a provare un vestito dalla sua sarta. Improvvisamente lui comprese di essere stato ridicolo. Avrebbe voluto spiegare quali erano stati i suoi sentimenti, quali erano quelli di adesso, i motivi che l’avevano portato ad essere lì, solo per cercare di conoscerla meglio, ma comprese in un attimo che tutto era inutile: aveva sbagliato, avrebbe dovuto fidarsi di lei, a nessuno importava del suo mal di stomaco e del suo bisogno di sapere le cose; il suo egoismo aveva tracimato oltre ogni limite, non c’era bisogno di scuse, non c’erano scuse accettabili, non c’era più niente da dire.

Bruno Magnolfi

Niente da dire.ultima modifica: 2009-09-27T22:15:11+02:00da magnonove
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