Nessuna preoccupazione.

Nel mio borsellino, in finta pelle, sono riuscito a racimolare nell’arco di poco tempo parecchi soldi spiccioli, considerato che mio padre quando torna dai suoi viaggi con l’autocarro ha sempre le tasche piene di monete, e che spesso, quasi per un gioco tra me e lui, me ne regala volentieri una buona parte. Così, durante un giorno qualsiasi, mentre cammino casualmente lungo la strada principale del paese, vedo giungere una corriera di colore azzurro, che si viene a fermare proprio davanti al marciapiede dove mi trovo, e subito apre le sue porte con un forte sbuffo pneumatico. Salgo sul mezzo pubblico all’istante, senza domandarmi assolutamente nulla, attratto da un richiamo irresistibile, e pago in fretta, proprio come un viaggiatore consumato, il prezzo del biglietto stampato che mi allunga l’autista senza neppure guardarmi in faccia. Poco dopo, ascoltando le persone che parlano restando sedute dietro di me, mi rendo conto che quel mezzo va direttamente fino alla città più vicina, arrestando la sua corsa nei pressi della stazione ferroviaria. Mi metto comodo, osservo la campagna che fugge fuori dai finestrini, e mi sento improvvisamente contento della mia scelta. La corriera si ferma varie volte lungo la strada, e scendono e salgono diverse persone, ma nessuno mi conosce, e a nessuno viene in mente di chiedermi qualcosa, anche se dimostro un’età da ragazzetto.

Credo che potrei trascorrere qualche giorno in città, bighellonando in giro e studiando i comportamenti degli abitanti di quel posto, senza preoccuparmi troppo di mia madre e della scuola. Ma quando infine giungo nella piazza della stazione ferroviaria, mi prende la voglia di proseguire il mio viaggio, e così, senza neppure munirmi del biglietto, salgo su un trano passeggeri che sta partendo verso qualche altra destinazione a me completamente sconosciuta. Resto in piedi nella parte finale di un vagone, e quando vedo arrivare il controllore, mi sposto in fretta, e senza farmi troppo notare mentre lui visiona i biglietti dentro uno scompartimento, io attraverso il corridoio fino ad andare nella zona dove i documenti di viaggio sono già stati controllati, e mi metto seduto vicino ad un signore e ad una donna. Lei dice che è il lavoro il suo più forte cruccio, e che le tocca ogni giorno perdere un sacco di tempo per andarsene da casa fino al luogo dove svolge il suo mestiere. L’uomo annuisce, ma dalla faccia non sembra che la faccenda lo interessi neanche molto. Mi piacerebbe rivolgere ai due passeggeri delle domande dirette, sapere da loro come dovrei fare per trovare una sistemazione per le mie immediate esigenze, ma non posso certo raccontare di essere un fuggitivo, così resto in silenzio. Quando il treno poi rallenta, dopo aver sostato diverse volte in qualche altra piccola stazione, comprendo dal fatto che tutti si preparano a scendere mettendosi in fila lungo il corridoio, che probabilmente siamo giunti al termine finale della corsa, così subito imito gli altri.

La città intorno, ancora prima che il convoglio sia del tutto fermo, mi appare immensa, piena anche di fabbriche e di capannoni, e poi pure di palazzi alti e con le finestre tutte uguali, e di strade asfaltate che costeggiano la ferrovia, e con diverse corsie di marcia piene di macchine e di mezzi pubblici. Anche la stazione appare enorme, ed è piena zeppa di centinaia di individui indifferenti l’uno all’altro, ognuno in cerca di qualcosa, qualcuno anche con un’estrema fretta. Esco nella piazza antistante, e tutto mi sembra fuori scala, come se ogni dettaglio di tutto l’insieme fosse progettato per un numero straordinario di persone. Prendo per la prima strada che ho di fronte, e poi giro in una via più piccola, cercando qualche elemento riconoscibile, che mi dia il senso di qualcosa a me maggiormente familiare. Scuola Elementare, trovo scritto sopra la facciata di una casa gialla, un po’ appartata, con un cortiletto antistante e delle finestre senza caratteristiche. Mi avvicino, e vedo che all’interno ci sono i ragazzi che stanno nelle aule, proprio come nella mia scuola. Il mondo è tutto identico, penso, inutile cercare tanto intorno a noi. Quando mi volto c’è una guardia che mi chiede il motivo per cui non sono entrato in classe. Potrei fuggire, forse, ma non avrebbe senso.

Avvertono immediatamente la mia mamma, mi affidano ad una persona titolata che mi riporta con una macchina ed un autista verso il mio paese e la mia casa, mentre mi viene chiesto quale sia la mia giornata, che cosa si dicono i miei genitori in mia presenza, quali sono le attività che mi divertono di più, e anche altre cose. Rispondo a monosillabi, cerco di raccontare il meno possibile, ma intanto tutto viene annotato sopra un taccuino. Ho fatto una stupidaggine, penso, ma credo fosse quasi inevitabile, considerato che mi ritengo un fuggitivo, un isolato, forse un estraneo a tutto, ed alla fine comunque sono quasi contento che qualcuno adesso manifesti interesse per la mia persona.

 

Bruno Magnolfi

Nessuna preoccupazione.ultima modifica: 2024-06-05T20:02:42+02:00da magnonove
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