Farsi valere.

 

Sto ferma, sdraiata sulla morbida copertina a fiori di questo letto accostato ad una parete della cameretta che la signora Marcella, non avendo avuto dei figli, riserva da sempre per la propria nipote poco più che adolescente durante quelle poche volte che viene a farle visita, abitando non ricordo più in quale altra città con i propri genitori. Ci siamo trovate proprio sul portone, nel pomeriggio, e lei si è accorta subito che io non stavo troppo bene. <<Mi sono lasciata un po’ andare>>, le ho confessato quasi con le lacrime agli occhi per la vergogna. <<Sono entrata in un locale>>, le ho detto, <<e approfittando della tanta gente che di certo non faceva caso a me, ho buttato giù tre o quattro bicchierini, giusto per trovare il coraggio di ritornare a casa>>. Lei mi ha sorretto nell’ingresso condominiale, e anche lungo le scale, considerato che barcollavo, e poi mi ha suggerito di non farmi vedere così dalla mia famiglia, ed io allora ho detto che per il momento non volevo neppure tornare nell’appartamento, e lei ha subito detto che non c’era problema, e che avrebbe inventato una buona scusa da dire a mio marito. Adesso poi mi ha lasciato sola a riposare, e a smaltire un po’ questa ennesima sbornia, ed io mi vergogno da morire, ma non so proprio in quale altro modo risolvere questa faccenda, se non nascondendomi agli occhi di tutti.

Trascorre così un po’ di tempo, con le tendine ben tirate sopra ai vetri della finestra e la luce elettrica rigorosamente spenta dentro la stanza; infine socchiudo la porta e chiedo timidamente alla signora Marcella di andare in bagno, e lei mi fornisce subito di un asciugamano pulito. Poi esco da lì, e all’improvviso non so più quanto tempo sia trascorso da quando sono uscita da casa nel pomeriggio; osservo per un attimo la grossa sveglia lungo il corridoio e vedo però che è già l’ora di cena. <<Devo andare dai miei familiari>>, dico in fretta; e lei: <<Ci ho già pensato io>>, mi dice; così resto sbalordita e mi chiedo se questa strada che ho intrapreso avrà mai una fine. <<Che cosa le hanno detto?>>, chiedo allora; e lei: <<Niente, attendono solo delle altre notizie>>, mi fa; ed io, che adesso mi sono sciacquata la faccia, rifletto che aspetterò ancora un po’, ed alla fine rientrerò a casa dicendo che ho fatto semplicemente una lunga passeggiata per conto mio. <<Avessi almeno un posto dove rifugiarmi, per qualche giorno>>, dico alla signora Marcella, e lei dice subito che qui da lei non posso rimanere: suo marito fortunatamente stasera non è in casa, altrimenti sarebbe già andato a suonare il campanello di fronte ed avvertire tutti che io mi trovo in casa sua. <<Lui non comprende certe situazioni>>, fa lei, ed io annuisco; <<Non voglio dare ancora disturbo>>, fo timidamente. <<Adesso ci mettiamo a tavola e mangiamo qualcosa>>, fa lei; <<Poi si vedrà>>.

Parliamo di molte cose, di tutte quelle che ci vengono in mente. Poi riprendo: <<Tenevo tanto alla mia famiglia>>, fo io; <<Ed adesso mi trovo ad essere diventata solo una stupida disgraziata>>. <<Certi momenti difficili capitano a chiunque>>, fa lei, ed io penso forse che lei abbia quasi ragione, anche se probabilmente non è del tutto questo il punto. <<La mia bella famigliola ormai non c’è più>>, dico adesso, <<Ed i miei colpi di testa non risolvono certo le cose negative che si sono accumulate>>, le fo. <<Si aggiusteranno tutte le cose>>, fa la signora Marcella; <<Non bisogna abbattersi per questo>>. Poi fa: <<Intanto stasera in casa sua hanno compreso che la sua improvvisa assenza è qualcosa di forte, che certo non si aspettavano, e questo vantaggio lei non deve farselo sfuggire>>. La guardo, sbocconcello un pezzetto di pane, poi dico: <<E come potrei fare?>>, le dico, tanto per comprendere meglio la sua idea. <<Non so>>, fa lei, <<Dica che ha conosciuto delle amiche, che forse ha bisogno di un po’ di tempo per riflettere, che non ha più voglia di stare al servizio di tutti rendendosi trasparente>>, mi fa. <<Essere meno remissiva>>, fo io sottovoce, come parlando solo a me stessa. <<Ma certo>>, dice lei, e poi dice anche che è proprio questo il punto fondamentale: <<Farsi valere>>, mi fa, come fosse il verbo decisivo.

Mi sento meglio, la signora Marcella sa essere una vera amica, per una come me che di vere amiche non ne ha mai avute fino ad oggi. Ci prendiamo un bel caffè forte, riusciamo a sorridere di qualche sciocchezza, poi dico che adesso devo proprio farmi coraggio e rientrare nell’ appartamento dove abito. <<Va bene>>, fa lei; <<Basta che non presenti la solita faccia di sempre ai suoi familiari. Dimostri che qualcosa è cambiato, che lei si sente diversa>>, mi fa con convinzione. <<D’accordo>>, fo io, mentre cerco ancora di sorridere; vorrei ringraziarla dell’aiuto, ma forse è inutile, lei lo sa già che cosa potrei dirle. <<Vado>>, dico mentre mi alzo dalla sedia di cucina. Poi cerco la chiave, la giro tra le mani, e infine trovo anche la forza per darmi la spinta che mi serve. <<Dobbiamo cambiare>>, dico tra me, mentre già sono sul pianerottolo e la signora Marcella ha chiuso silenziosamente il suo portoncino. <<Ora tocca a me>>.

 

Bruno Magnolfi

Farsi valere.ultima modifica: 2024-02-07T14:58:28+01:00da magnonove
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