Bomba innescata.

 

Ogni mia buona intenzione oramai appare inutile. I miei figli tra loro non si rivolgono quasi più la parola, e mio marito non parla né con i suoi figli né con me. Per tanto tempo io ho cercato di vedere con ottimismo quel poco che era possibile salvare di questa famiglia, e mi sono sempre spesa al massimo nel sostenere questa mia idea, ma adesso mi sento stanca, provata, quasi impossibilitata a mettere in atto altri argomenti o ulteriori tentativi per cercare di costituire il possibile collante che ci mantenga ancora uniti, solidali, compatti, proprio come dovrebbe essere un nucleo come il nostro, racchiuso ogni giorno tra le mura di questa casa. Proseguo a fare le solite cose di sempre, ma appaiono quasi insignificanti i miei sforzi, come se tutto avesse preso infine una direzione definita e immodificabile. Esco ed incontro la signora Marcella, la nostra vicina di casa, e lei mi guarda come se avesse compreso già tutto quello che sta avvenendo poco per volta nel chiuso del nostro appartamento. Si limita a farmi un sorriso compassionevole, e a me vengono le lacrime agli occhi specchiandomi in quel suo sguardo che non pone più neppure delle domande. Mi prende una mano, mi dice forse qualcosa che vuol essere rassicurante, ma io mi sento a terra, e non riesco neanche a reagire. Non capisco dove abbia sbagliato, se mai ho sbagliato qualcosa, e in ogni caso mi è proprio impossibile adesso far finta di niente.

<<Signora Celeste>>, mi dice alla fine Marcella rompendo ogni indugio; <<ma che cosa c’è che non va più bene, che cosa succede in questa sua famiglia, che fino a poco fa era impossibile persino da immaginare, tanto sembrava perfetta e soprattutto equilibrata?>>. La guardo ancora senza trovare dentro di me le parole più adatte per spiegarle il mio affanno, il mio sentirmi purtroppo vinta, poi le dico soltanto: <<Non lo so, però si è rotto qualcosa, ed io adesso sento di aver fallito, di non essere riuscita in tutti questi anni a mettere insieme le nostre differenti personalità>>. Poi ci guardiamo attorno, come a voler evitare di dare un piccolo spettacolo con le nostre confidenze, ma io mi appendo alla comprensione di questa donna come se fosse l’unica strada che ho per riuscire ad essere ancora sincera. <<Non demorda, signora Celeste, non lasci che l’apatia prenda il sopravvento, e che tutto divenga solo un gioco crudele senza alcuno scopo>>.

Mi guardo attorno, adesso sorrido, <<va bene>>, le dico, <<devo reagire, non si preoccupi per me, è solo un momento di scoraggiamento quello che sto attraversando, ma passerà, vedrà, tra poco tutto andrà a posto, e le cose saranno di nuovo accettabili. Devo andare, adesso, mi scusi, però la ringrazio>>, dico confusa allontanandomi. Marcella mi guarda ancora mentre mi volto, ed io riprendo a camminare, ricomincio ad andare incontro alle mie faccende, come sempre, mentre ingoio un singhiozzo e faccio subito finta di niente, perché niente è accaduto, soltanto sciocchezze, cose del tutto insignificanti, che non hanno valore. Devo concentrarmi sulle attività più terrene, cosa preparare per cena, le bollette ancora da pagare, passare di farmacia per le piccole di Achille che stanno quasi per terminare. E poi devo ricordarmi di chiedere a Marco che cosa sia successo tra lui e suo fratello, e per quale motivo, visto che lui è il maggiore di età, non riesca ad essere più indulgente verso Federico, che forse ancora deve comprendere alcune cose. Poi mi fermo al solito supermercato di quartiere, ma le persone che sono all’interno sembra che mi guardino con un certo sospetto, come sapessero perfettamente delle preoccupazioni che mi stanno attraversando la testa. Fingo una certa indifferenza, anche se mi sento addosso gli sguardi da parte di tutti, e coloro che non mi stanno osservando probabilmente hanno soltanto un moto di pena per me.

Pago rapidamente i miei pochi acquisti, e poi fuggo a passo svelto verso il rifugio di casa, salgo le scale quasi di corsa, chiudo la porta alle mie spalle, e quindi tiro un sospiro per il sollievo che provo. Appoggio le buste con i pochi acquisti sul tavolo della cucina, faccio un cenno ed un saluto ad Achille che non mi sta neppure guardando, e poi entro in camera mia, giusto per togliermi di dosso il soprabito, anche se dentro l’armadio so perfettamente che c’è la solita bottiglia che aspetta soltanto di essere aperta per darmi almeno un po’ di quello sciocco coraggio che adesso mi serve. Dovrò andare da qualcuno, rifletto, e confessare tutto quello che mi sta succedendo, senza omettere niente, neanche il fatto che oramai mi sento quasi una mezza alcolizzata, e che avrò bisogno di un vero supporto psicologico per sentirmi in grado di uscire da questa specie di incubo. Poi metto a posto le cose, con calma, sistemo una pentola sopra al tavolo ed inizio a preoccuparmi del pranzo. Presto smetterò di essere così solerte, e probabilmente mi lascerò andare senza interessarmi ancora di tutti i miei compiti, e sarà allora che scoppierà davvero la bomba.

 

Bruno Magnolfi

Bomba innescata.ultima modifica: 2023-12-12T20:03:58+01:00da magnonove
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