Fuori posto.

 

Adesso Achille si sente solo certe volte. Guarda sua moglie, i suoi figli, la casa dove abitano, e nella sua mente riesce anche a vedere l’immagine completa, ma come se lui si trovasse all’esterno, addirittura a grande distanza, quasi studiasse una fotografia stampata sopra un enorme manifesto, e il suo sguardo praticamente fosse forestiero a quel contesto pur così preciso. Se ci pensa attentamente non riesce nemmeno a spiegarsi bene come si sia costituita questa sua famiglia, e soprattutto come sia stato possibile per lui, così schivo, chiuso in sé stesso, ombroso, aver formato dapprima una coppia stabile con sua moglie, e poi aver contribuito con lei a fare quei due figli, forse senza neppure impegnarsi troppo, semplicemente rispondendo ai desideri di Celeste, realizzando tutti questi passaggi per una semplice serie di conseguenze quasi naturali, come il seguire una pista già tracciata, tenere dietro ad un percorso già ben noto, e ricalcare senza fretta ogni debole svolta prevista da chi prima di lui si era precedentemente trovato a compiere già tutto il tragitto. Alcune volte ha immaginato d’essersi solamente lasciato andare senza mostrare volontà, quasi tirato per mano dal solo tipo di donna che davvero poteva trovare qualcosa da salvare e da valorizzare in un ragazzone per metà allo sbando come doveva apparire Achille in quel momento; un uomo serio però, forse anche troppo, anche se poco incline alla socialità. Lei era solare, divertente, gli parlava sempre di cose positive, e gli metteva davanti delle possibilità come se fossero già praticamente realizzate, e a lui non restava da fare altro che abbassare la testa ed annuire a quelle scelte.

Quando decisero di sposarsi, Celeste gli disse che da quel momento in avanti tutto sarebbe assolutamente andato meglio, e che le loro serate sarebbero diventate meravigliose, perse nei progetti febbrili di futuro. Il primo figlio, Marco, non arrivò molto tempo più tardi, e quando infine giunsero gli attimi subito prima del parto, lei disse in confidenza a suo marito, con un’espressione gioiosa sulla faccia, che soltanto con quel figlio adesso si sarebbero potuti considerare una vera famiglia. Achille era stralunato in quel periodo, forse non riusciva neppure a mettere a fuoco esattamente quello che gli stava capitando, e in ogni caso cercò di essere all’altezza della situazione, ed anche se qualche volta forse non ne fu capace, comunque tentò di fare la sua parte, continuando come sempre sia a lavorare che a dare una mano in famiglia, almeno per quando gli era possibile. Il secondo figlio poi arrivò dopo qualche anno, quasi senza volerlo, e lui perse ulteriormente la bussola della situazione, fino a cercare di trattenersi fuori da casa il più a lungo possibile, per non dover essere sempre presente di fronte al peso familiare. Forse non era esattamente lo scopo della sua vita mettere al mondo dei bambini con una moglie che non sembrava comprendere le sue perplessità, e da quei momenti in poi Achille si ritrovò sempre più moralmente estraneo alla sua casa ed alla sua famiglia.

Adesso poi che i suoi ragazzi sono abbastanza grandi, ed hanno ormai anche la maniera di pensare le cose in maniera quasi del tutto autonoma, Achille si sente convinto bene o male di aver sempre adempiuto al proprio dovere di padre, non alzando mai la voce in casa, evitando qualsiasi discussione con loro, e poi soprattutto con sua moglie, rispettando tutti i criteri in base ai quali si potrebbe giudicare un comportamento non adatto al ruolo. Però la solitudine in cui nuota spesso la sua mente, quando per qualche motivo non si sente al posto giusto, magari proprio rientrando a sera in seno alla famiglia, gli fa provare sensazioni inadeguate a ciò che tanti anni prima aveva creduto possibile ascoltando le frasi di Celeste. Gli pare di non essere capace, almeno qualche volta, di spiegare a sua moglie i propri pensieri, le preoccupazioni che ogni tanto lo attanagliano, le piccole difficoltà in cui si sente immerso. Ed anche coi suoi figli non ritiene di essere riuscito ad avere un dialogo adeguato, tanto che preferisce non sapere come trascorrono la giornata oltre gli studi, piuttosto che dover affrontare con loro discussioni e chiarimenti che gli appaiono del tutto odiosi.

Perciò sceglie sempre più spesso di isolarsi, e di fingere costantemente di avere la mente piena di altre e più penose preoccupazioni, tanto da starsene in silenzio, seduto al suo solito posto quando si trova in casa, e mostrare improvvisi ritorni momentanei della propria attenzione solo quando gli viene chiesto qualcosa in modo diretto, che sia un parere, una semplice idea, oppure un’opinione generica sulle attività e sulle scelte che la sua famiglia si trova ogni giorno ad affrontare. Quasi una sofferenza la sua, durante la cena nella loro casa, quando persino gli sguardi attorno al tavolo su cui stanno appoggiate le stoviglie, sembrano farsi indagatori del comportamento e delle riflessioni che stanno dietro a quel suo sguardo spesso assente, come se qualcosa, anche della minima importanza, si trovasse almeno leggermente fuori posto.

 

Bruno Magnolfi

Fuori posto.ultima modifica: 2023-10-04T17:47:40+02:00da magnonove
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