Come una meta introvabile.

 

Eppure deve essere per forza da queste parti il bivio che cerchiamo, dice lei mentre continua a scrutare il buio intenso intorno a quella strada illuminata soltanto dai suoi fari, reggendo comunque il volante dell’auto con una certa leggerezza, quasi in punta di dita, pronta a svoltare o a fermarsi alla prima avvisaglia del cartello stradale che spera ancora di vedere. Lui, al suo fianco, non sembra neanche molto interessato a quei segnali, quanto alle mappe del territorio, purtroppo non aggiornate, proposte da un vecchio navigatore elettronico che adesso tiene acceso e posizionato sopra ad una gamba, quasi fosse una bussola o un sestante, e da cui sembra tirare fuori, con grande ottimismo, gli allineamenti previsti con le stelle maggiori, dalle quali cerca di trovare un riferimento almeno storico, proprio all’interno di quell’angolo, probibilmente corretto anche se non adeguatamente calcolato nei confronti di un ipotetico orizzonte geografico.

Tutto qui intorno, dice lei; da qualche parte dietro questo bosco di vecchie querce e di castagni, o nascosto proprio da quel poggiolo qui di fronte, come un villaggio arcaico sperduto nel nulla ed oramai dimenticato, come una realtà viva ed importante purtroppo incastonata in mezzo, e contemporaneamente situata anche lontano da tutto ciò che si conosce persino troppo bene, ma che ha perso con ogni probabilità qualsiasi interesse per chiunque, e magari è stata persino nascosta ed oscurata da ciò che la circonda. Ecco, prosegue, credo che stiamo andando incontro ad una vera e propria scoperta, quasi un ritrovamento epocale, e tutte le difficoltà di questo momento verranno ripagate sicuramente dallo stupore che senz’altro proveremo al nostro arrivo.

Lui non sente la stessa carica emotiva così evidenziata, e continua quasi a svagarsi con delle mappe luminose sempre meno attendibili, praticamente inutili, fino a sbadigliare forzatamente passandosi una mano tra i capelli, preludio alle semplici parole: penso che dovremo proprio tornacene sui nostri passi, magari fermarci ad una trattoria di campagna ai margini della nostra civiltà, e concludere la serata semplicemente in questo modo. Lei non lo ascolta neppure, proseguendo a guardarsi attorno e cercando ancora con insistenza qualcosa che le dimostri almeno di essere nel giusto, di avere avuto fede, coraggio, tenacia, anche se alla fine sa benissimo che probabilmente non ci sarà niente a ripagare tutti quei suoi sforzi.

Va bene, dice ad un tratto, fermiamoci pure in questa piazzola e facciamo il punto della situazione. La zona collinare, a cavallo tra quelle due province povere, sembra proprio scarsamente frequentata, come fosse una valle rurale senza sbocchi, priva di risorse, quasi un deserto inabitabile. L’unica cosa di cui abbiamo certezza è data dalla stessa strada che abbiamo percorso fino qui, spiega ancora lei guardando insistentemente il buio fuori dal parabrezza. Tanto vale tornarcene indietro usando quel minimo di razionalità che ci rimane, anche se sono sicura che oltre qualcuna di queste semplici curve avanti a noi ci attenderebbe probabilmente una sorpresa inimmaginabile.

Lui annuisce senza convinzione, spenge definitivamente il suo aggeggio elettronico, sorride tra sé per quella decisione presa, e fa un semplice cenno con la testa, sottintendendo la sconfitta parziale del momento che non dovrebbe in nessun caso inficiare l’impegno per quel risultato finale tanto desiderato, qualora ci fosse stato. Lei così ingrana la marcia, inverte la direzione dell’automobile, ed improvvisamente appare quasi contenta di quella comune decisione.

Bruno Magnolfi

Come una meta introvabile.ultima modifica: 2017-02-13T20:26:49+01:00da magnonove
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