Viaggio all’interno.

Ciao, paesano, dice l’uomo che nell’oscurità non avevo neppure notato, mentre continua ad orinare in piena tranquillità in questo piccolo corso d’acqua. Mi chiedo come abbia fatto a capire che sono italiano come lui in questa zona del Devon, ma alla fine provo piacere a pensare di portarmi dietro dei segni così riconoscibili della mia nazionalità. Gli rispondo appena con una specie di grugnito, mentre mi sbottono i calzoni per dare seguito alla sua stessa necessità, forse anche con la semplice paura che mi chieda qualcosa, ed inizi così interminabili e superficiali discorsi che si intavolano spesso in casi del genere.

Al contrario quello non dice altro, ed anzi dopo poco si allontana, riprendendo la strada che corre qui accanto e sparendo in fretta nel buio. Non è brutto sentirsi in compagnia, anche in certe situazioni, penso con ironia sorridendo tra me, poi raggiungo di nuovo la strada che porta al piccolo albergo di Brixham, dove sono alloggiato con la mia compagna che adesso sta riposando.

Mi fermo in un pub li accanto per bere qualcosa, e incontro quasi subito il tizio di prima. Mi guarda, si mette a ridere, io lo saluto sollevando una mano. Mi siedo al bancone, ed immediatamente arriva una birra chiara per me, senza che neppure l’abbia ordinata. Mi volto, ringrazio il mio connazionale, il primo sorso naturalmente lo bevo alla sua salute. Poi quello si avvicina e dice che lavora all’albergo, per questo sapeva che ero italiano.

Non pare abbia molta voglia di chiacchierare: si guarda attorno, dice soltanto che è romagnolo, e che sono ormai troppi anni che è via. Annuisco, restiamo in silenzio, non ho voglia di andarmene, ma a lui sembra che basti soltanto la mia presenza per stare meglio. Finisco la birra, lo ringrazio e mi alzo, lui dice improvvisamente di chiamarsi Vittorio, che gli ha fatto piacere stare con me anche solo per una breve bevuta, e che di italiani in questa zona e nel suo albergo ne girano sempre troppo pochi. Rientro, la mia compagna si è vestita per uscire, sono contento, passiamo a prendere la macchina per andarcene in giro e visitare la costa.

Lei è contenta del nostro itinerario, mi dice, ed io non faccio alcun accenno al romagnolo ed al resto: in fondo mi sembra una cosa mia, intima, un piccolo segreto che mi va di tenere solo per me, come le cose a cui si tiene molto, e che non ci va di spartire con altri. E’ il nostro viaggio, questo, dopo ormai tanto tempo, penso; ma abbiamo da impostare ancora molte cose, sia tra noi che nel modo di considerare tutta la realtà che cerchiamo di mettere in piedi: ed a me piace attenermi alle cose che riguardano davvero ambedue, senza cercare argomenti di cui poi è difficile spiegare l’importanza che assumono dentro di me.

Forse tra pochi giorni avrò persino dimenticato tutto del romagnolo, penso. O magari lo ricorderò per tutta la vita, come una delle cose fondanti dell’esperienza. E forse sarà quasi impossibile in seguito spiegarne in qualche modo il motivo.

Bruno Magnolfi

Viaggio all’interno.ultima modifica: 2014-10-02T21:00:58+02:00da magnonove
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