La gravità degli eventi.

            

            La donna guidava con prudenza la vecchia automobile. Il marito, seduto al suo fianco, aveva sonnecchiato per parecchi chilometri, fino a dimenticarsi quasi del tutto il motivo del loro viaggio. Il piccolo dolore ad un piede che aveva provato al momento di indossare le scarpe, forse un po’ troppo nuove, si era attenuato poco per volta, fino quasi a scomparire del tutto durante il viaggio iniziato col buio. Fuori dai finestrini aveva albeggiato da poco, e la giornata era apparsa grigia, ricca di nuvole e di uggia. Lui aveva tolto la scarpa, poi era tornato a indossarla.

            Lei aveva ripassato mentalmente più volte le frasi di circostanza da dire ai cugini, ai cognati, a tutti quei parenti che non ricordava neppure di conoscere, o aveva visto soltanto nel giorno lontano del suo matrimonio, ma che proprio da lei forse aspettavano qualche parola significativa. La cerimonia era fissata alle undici, loro sarebbero arrivati nel piccolo paese presumibilmente poco dopo le nove. Tutto continuava a snodarsi con regolarità, poi lui aveva aperto un po’ gli occhi, aveva osservato il profilo di sua moglie, infine aveva chiesto di fermarsi ad un bar, giusto per concedersi un caffè e smuovere i piedi.

            Va bene, aveva detto lei, c’è una stazione di servizio fra tre o quattro chilometri. Erano rimasti in silenzio, lei aveva percorso l’ultimo tratto di strada concentrata sulla sua guida, poi aveva azionato l’indicatore di direzione, la macchina aveva accostato rallentando, e infine si era fermata, lasciando nell’aria un silenzio vagamente antipatico. Lui era sceso nell’aria nebbiosa sbattendo il proprio sportello, lei aveva atteso ancora un momento, come per raccogliere tutte le idee. Un’angoscia sottile pareva vorticare davanti a quell’autogrill, erano entrati all’interno modulando una certa normalità, la donna aveva subito detto, evitando di voltarsi, di ordinarle un caffè mentre andava un momento nel bagno.

            L’uomo aveva appoggiato i gomiti sopra al bancone del bar, aveva ordinato il paio di caffè, poi si era concentrato sulle bottiglie di liquore alle spalle del cameriere. Provava come un costante ronzio dentro alle orecchie, un vago senso di appannato gli passava sugli occhi, e in quella fase, aveva lasciato trascorrere diversi minuti, forse anche in numero maggiore di ciò che poteva sembrare necessario. Si era guardato attorno, aveva sorseggiato il suo caffè avanti che si raffreddasse, poi aveva mosso qualche passo verso la porta chiusa delle toilettes.

            Era tornato al bancone, aveva atteso ancora qualche minuto, infine era tornato verso la porta, era entrato lentamente, era andato verso il settore destinato alle donne, aveva detto soltanto impersonalmente: tutto bene?, nel silenzio completo dei piccoli locali. La risposta mancata lo aveva allertato, così era tornato verso il bancone, aveva spiegato ad una ragazza del bar che forse era il caso di controllare qualcosa che pareva non andare. Infine era tornato a guardare soltanto per un attimo la superficie lucida delle bottiglie di liquore, ed era rimasto così, senza voltarsi, cosciente che qualcosa di grave era sicuramente accaduto.

            Bruno Magnolfi

            

La gravità degli eventi.ultima modifica: 2012-01-23T20:48:57+01:00da magnonove
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