Gli amanti di facebook

Il silenzio era forte. Dava quasi fastidio, tanto costringeva ad ascoltarne il respiro. Come fragili animali impauriti, tutti si erano assiepati tra loro, accucciandosi e abbassando le teste. Il mare, sotto al costone di terra, appariva grigio come il ferro ed immobile, e la cala, come un anfiteatro, zeppa di vegetazione spontanea, sembrava cedere il suo naturale color verde, variegato sotto al sole in ogni sfumatura possibile, a quel crepuscolo che non concedeva più alcuna tonalità, con il cielo, così come era, coperto di nubi, e l’orizzonte poco lontano, confuso con l’acqua e con l’aria. Qualcuno aveva cercato tra i propri pensieri una parola che riuscisse a descrivere l’immagine che avevano tutti di fronte, ma nessuno aveva osato parlare. Poi, uno per tutti, si era sollevato dalla posizione che gli altri avevano assunto, e con voce vibrante aveva scandito il nome latino del sole, come a invocarne la forza, pur nascosto com’era. Ma niente era cambiato, neppure il silenzio che in fretta aveva recuperato il suo spazio. Avevano tutti camminato per diversi chilometri prima di arrivare fin lì, le nubi li avevano colti mentre erano a metà del tragitto, ma tutti imperterriti avevano finto indifferenza completa, spingendosi avanti. Il loro rituale non era assolutamente mai stato in discussione: il sole coperto di nubi non cambiava la sostanza alle cose. La fine comunque era prossima, lo si intuiva da diversi fattori, ed anche se non sarebbe stato possibile individuare l’esatto momento in cui il giorno cedeva il suo potere alla notte, il meccanismo degli astri non avrebbe registrato variazioni di sorta. Improvviso un uccello rapace attraversò l’aria ferma, spandendo il suo grido sopra di loro, per sparire in un attimo oltre le cime degli alberi. Forse fu reputato quello il momento finale, e tutti alzarono gli occhi come per un ultimo saluto ad un periodo e ad un giorno che non sarebbe mai più ritornato. Forse fu quello il momento per una riflessione più forte: niente era assurdo come fingere persino a se stessi che il mondo si dominava solo raggruppandosi assieme. Non era così, la paura naturale instillata dentro di loro fin da quando il sole aveva cominciato a girare, non sarebbe stata sconfitta associando il terrore di ognuno in una matematica somma, bensì da ciascuno di loro, nella solitudine silenziosa per lui più congeniale, combattendo dentro di sé la propria battaglia, per poi confrontarne i risultati con gli altri. La luce si spense, il silenzio dominò la radura: ognuno, dentro se stesso, si riappropriò poco per volta della propria dignità di individuo. Poi, scese la notte.

Bruno Magnolfi

Gli amanti di facebookultima modifica: 2009-09-30T20:50:08+02:00da magnonove
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