Appetito.

 

Certe volte lei si sente strana, come se la propria sensibilità accelerasse durante quei casi, fino al punto di farle percepire dei minimi particolari normalmente ignorati da tutti, divenuti in quei momenti per lei fondamentali nella classificazione delle cose: piccoli dettagli forse senza importanza alcuna, semplici minuzie senza nessun peso, sciocchezze forse, come la posizione degli oggetti, ad esempio, la forma ed anche i colori che questi mostrano; persino la loro scelta e la sistemazione finale, probabilmente decisa già con uno scarso criterio, pensa adesso sia stata effettuata con evidenza da persone senza neppure troppi scrupoli, di certo indifferenti alla percezione della fondamentale importanza di qualsiasi azione primaria, che non tenga conto per nulla di quanto sia prezioso dare un senso a quanto si propone. Da un lato lei prova una leggera sensazione di disturbo in tutti questi casi, dall’altro, se le fosse possibile, vorrebbe quasi non essere ciò che invece si dimostra. Alla fine tira fuori la propria personalità, non potrebbe fare altrimenti, anche se comprende benissimo così facendo di non essere apprezzata da nessuno.

Cammina da sola lungo la strada, allontanandosi da tutti, fino ad arrivare generalmente davanti al suo negozio preferito, un ortofrutta di quartiere sviluppato nella maggiore metratura espositiva direttamente sopra al largo marciapiede, in cui tutti i colori e le differenti forme dei vegetali sistemati dentro le cassette e sopra alcuni banconi dedicati, mostrano in quante maniere la natura intenda manifestarsi, in quel tripudio cromatico quasi del tutto ineguagliabile. “Le posso dare un sacchetto per scegliere da sé quello che più desidera, cara signorina”, fa il negoziante con un debole sorriso. Sa che lei non è per nulla una buona cliente, capace com’è di guardare tutto ciò che sta esposto davanti ai propri occhi per un tempo quasi infinito, e terminare quasi sempre con l’acquisto di una semplice zucchina, o di un arancia, oppure di due banalissime patate. Lei si guarda attorno con quell’aria innata da indecisa cronica, poi dopo aver scrutato l’aria per comprendere se tutto è di suo gusto, dice soltanto “grazie”, come per aggiungere un marginale incoraggiamento.

Le pare impossibile non amare quel mestiere, mettendosi dalla parte del negoziante di ortofrutta, e dopo questo pensiero immagina però che l’abitudine a maneggiare e ad esporre tutti quei prodotti così belli e colorati, gli abbia provocato quasi una specie di saturazione, riguardo al suo reale vedere quei prodotti della natura, così che lei, nel corso del tempo da quando lo conosce, ritiene di avere maturato un senso di velata compassione per quei suoi modi bruschi ed incapaci di quell’attenzione che assolutamente le parrebbe quasi del tutto doverosa. “Non importa”, gli fa schernendosi; “oggi prendo soltanto queste due mele verdi”. Lui la guarda come per mostrare un moto di sopportazione nei confronti dei clienti come questa donna, poi si interessa subito d’altro.

Lei non si ritiene una persona molto differente da tutti gli altri, però sa che girando i propri occhi attorno a sé, riesce a vedere spesso delle cose che probabilmente a molti sfuggono, come la meravigliosa buccia verde delle mele che ha appena acquistato, ad esempio, e di questo si ritiene orgogliosa e anche felice. Poi rientra a casa, appoggia la frutta in un piatto sopra il piano di un tavolo di legno, mentre il sole da una finestra le irraggia in modo obliquo, quasi formando un dipinto iperrealistico di natura morta. Potrebbe lasciare dove stanno quelle mele, sopra il piatto di ceramica, ed attendere con calma la loro lenta decomposizione: un modo come un altro per rendere omaggio alla loro bellezza fugace, per osservare con calma la capacità che ha la natura di trasformarsi in altri aspetti. Potrebbe farlo, pensa mentre continua ad osservare quella sua composizione, ma infine addenta le mele una per volta e come era previsto le divora.

Bruno Magnolfi

Appetito.ultima modifica: 2020-04-08T18:26:19+02:00da magnonove
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