Un attimo solo.

         

 

            Federico, dodici anni tra poco più di due mesi, corre a perdifiato dietro al pallone calciato in malo modo da un suo compagno di scuola, mentre insieme stanno giocando ai giardinetti del quartiere, durante un pomeriggio qualsiasi. Con gli occhi, lo segue rotolare mentre inizia ad attraversare la strada e, nella fretta di raggiungerlo, non si accorge  dell’auto che sopraggiunge. L’uomo alla guida canticchia una canzone trasmessa per radio: è tranquillo, quasi distratto, non si rende neppure conto del pallone che taglia la traiettoria del suo percorso.

            È un attimo: improvvisamente prende coscienza di qualcosa che rotola a sinistra del suo parabrezza,  stringe d’istinto le mani sul volante e volge gli occhi da quella parte. Non si accorge di Federico, che corre da destra per attraversargli la strada, prosegue senza frenare ma prova un brivido. Una leggera quanto potente sensazione di pericolo scaturita dal semplice connubio  dentro la sua testa, come in quella di tutti: pallone – bambino.

            Non rallenta, trattiene forse il respiro, ma nel suo campo visivo, appena sulla destra, intercetta qualcosa davanti alla macchina, vicinissimo; di sicuro qualcosa che sta dove non dovrebbe mai stare. Ma ormai tutto sembra compiuto; è troppo tardi anche per avere un pensiero, il suo cervello è  raggiunto da un piccolissimo impulso: tempo esaurito, dice quel lampo, nient’altro.

            Tutto rallenta fino a fermarsi. L’uomo si vede proiettato fuori dall’auto, guarda se stesso e la macchina che sta guidando da  punti di osservazione diversi, stringe, ancora più forte, le mani sul volante. Vorrebbe  chiudere gli occhi ma il respiro è azzerato, la radio pare trattenere soltanto una nota, o un accordo, prolungandolo in una specie di sospiro cavernoso, quasi disumano, come il rintocco metallico di una campana immersa in un liquido.

            La velocità della macchina è di poco superiore al limite per la guida in città. L’uomo si proietta in avanti nel tempo; immagina che avrebbe potuto procedere con più cautela, a velocità più moderata, con diversa attenzione, senz’altro maggiormente concentrata. Avrebbe potuto evitare di farsi trovare distratto in un momento del genere, ma tutto, adesso, sembra ormai quasi concluso, il tempo esaurito non ammette deroga, ciò che sta succedendo è già definito.

            Ritagliare quel piccolo frammento tra i tanti minuti, i secondi, le ore del giorno; eliminarlo del tutto dalla propria storia, da ciò che irrimediabilmente sarà appena tra un attimo. Fuori da lì, lontano, in una diversa dimensione, distante da tutto; la cancellazione completa di quel pezzetto di tempo. Questi i lampi che scorrono in successione rapidissima nella sua mente e, infine, le gomme dell’auto che stridono in una frenata tardiva, forse inutile, assolutamente ridicola, adesso.

            Tutto è immobile. L’uomo apre lo sportello ed esce dalla sua macchina: si sente già disperato, non può ancora neanche credere che tutto questo stia davvero accadendo. Gira di corsa attorno al suo mezzo, in preda a un dolore pazzesco, alla pazzia di un momento. Ed ecco che Federico, caduto a terra, si rialza immediatamente, lo guarda; il suo viso è sbiancato, ma non si è fatto niente, soltanto un grande spavento. L’uomo lo esamina, lo abbraccia, non può evitare di piangere.

            Bruno Magnolfi

Un attimo solo.ultima modifica: 2012-11-03T21:10:00+01:00da magnonove
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