Un successo.

           

 

            Il ragazzo dice qualcosa al microfono, nel silenzio che improvvisamente si è creato dentro la sala, con le luci abbassate e quell’unico faretto che lo inonda di chiarore, proprio lui, timido e schivo come è sempre stato. Cerca qualche parola giusta da dire, dopo il saluto a quel pubblico, ma non si è preparato niente, ha pensato che gli sarebbe venuto a mente qualcosa da buttare lì, come fosse la cosa più normale di tutte stare sopra quel palco, quasi cercando di far forza su un’esperienza che invece non ha. Qualcuno applaude, svogliatamente, più per infondergli un po’ di coraggio che per altri motivi, e un tecnico gli porta la chitarra, come già concordato. Il ragazzo la imbraccia, suona un accordo quasi per rendersi conto che funziona davvero, e poi sembra si affidi proprio a quella per riuscire a procedere.

            Attacca la prima canzone, l’inizio è soltanto con la voce, poi, alla seconda strofa, le note del suo strumento arrivano dolci a coronare le sue parole. Il pubblico è attento, quella prima ballata parla di un amore disgraziato, senza futuro, e le parole paiono perfino storpiate nel dolore del personaggio che il ragazzo cerca di essere. Arriva la fine della canzone e gli applausi; lui prende coraggio, dice che ha iniziato a cantare per caso, senza voler davvero comporre canzoni. Ma i suoi amici lo hanno incoraggiato, spiega, gli hanno detto che lui era adatto, doveva scrivere storie, musicarle, cantarle nelle serate un po’ malinconiche, quando si ha voglia di ascoltare cose del genere, e lui lo ha fatto, esattamente come gli hanno detto, fino a rendersi conto che era davvero quella la strada, quella che lui desiderava percorrere.

            Il ragazzo sa che è esattamente così che ha iniziato, e che quella è la prima volta che canta per un pubblico così vasto; però dice tutto questo come se fossero storie inventate, per crearsi attorno un personaggio, per giocare al modesto, a quello che è arrivato su quel palco solamente per una combinazione di cose. Certo, come d’accordo con gli organizzatori di quella serata, farà soltanto tre pezzi, poi lascerà il palco ad altri, però è la sua grande occasione, il momento per rendersi conto se ha davvero la stoffa per fare cose del genere, oppure se quella è stata soltanto una parentesi nella sua vita. Guarda la gente, vorrebbe ancora parlare, spiegarsi con loro, forse prendere tempo: ha catturato l’attenzione di cui aveva bisogno, lui sa che c’è sempre un momento magico sul palco in cui si possono avere tutti nel pugno, come gli aveva detto qualcuno che conosce bene queste cose, però lui adesso non sa cosa fare: riflette, prende tempo, dice ancora qualcosa, poi pensa che è solo il momento per iniziare la seconda canzone.

            Ma un attimo prima gli viene voglia di spiegarne la storia, di dire due parole sull’argomento che tratta quel testo: rallenta le frasi mentre espone i pensieri, sussurra appena le cose che dice, la gente fa ancora più silenzio; eccolo il suo momento: adesso lo sente, vibrante, palpabile, è proprio così. Pianta l’accordo iniziale sulla sua chitarra ed inizia a cantare: è forte, dicono in molti, tutti lo ascoltano, altri spiegano tra loro che questo è uno che farà della strada. Lui va ancora avanti con la seconda canzone, poi la conclude in uno scroscio di applausi, sorride, ringrazia e infine esce dal palco, dimenticandosi perfino del terzo pezzo.

Gli organizzatori dietro le quinte gli urlano di tornare là sopra, ma lui ormai è fuori, non vuole rientrare, non otterrà mai più di così, pensa, ma la gente continua a battere le mani e a chiamarlo, vogliono ancora sentire la sua voce, un’altra canzone, ancora, dicono forte: dopo un po’ lui torna con la sua chitarra e sente che potrebbe fare qualsiasi cosa sopra quel palco: sono tutti per lui; e allora inizia con la terza canzone, ed è quasi un trionfo.

 

            Bruno Magnolfi 

Un successo.ultima modifica: 2012-10-09T21:35:34+02:00da magnonove
Reposta per primo quest’articolo