L’infinito niente.

            

            Va bene così, in qualsiasi caso, sia che con indifferenza si lasci scricchiolare le scarpe sulla ghiaia, vivendo qualsiasi ragionamento soltanto al presente, sia che la memoria, nonostante ogni sforzo di concentrazione, non ce la faccia neppure a sorreggere i dettagli del passato, lasciandoci solo interpretazioni arbitrarie e soggettive. Sono i pensieri adesso che da soli si muovono nell’aria, quasi come non ci fosse altro da fare, se non percorrere i contorni di immagini sfuggenti, generalmente assemblate con i resti di molte cose vecchie. Si prosegue a muoversi all’interno di percorsi consueti, fingendo di sapere che tutto ciò che conta stia all’interno di uno spazio circoscritto, ascoltando con curiosità soltanto i rumori che giungono da fuori, filtrati solamente dalla propria sensibilità.

            Luigi esce di casa, gira senza meta per parecchie strade, poi finge di perdersi, forse per un innato desiderio di riuscire a non essere presente a tutta la logica da cui è attraversato, e sente la necessità di confondere le cose, di scoprire che esiste qualcosa di diverso da tutto ciò che già gli sembra di conoscere. Qualcuno probabilmente gli dice che ha sbagliato, non ci sono gli elementi che desidera, ma lui risponde che non ha alcuna importanza, che è possibile introdursi così a fondo nei dettagli, da riuscire a perdere anche il senso della certezza di quell’esserci davvero. Solo così, annullando tutto, è possibile recuperare ciò che conta, pensa quasi per istinto, senza una precisa consapevolezza.

            C’è una donna che lo guarda, lui si ferma, lascia che il meccanismo classico della reciproca attrazione si compia nonostante qualsiasi perplessità. Luigi parla con la donna, conosce il suo nome, sa chi sia, il suo metodo di pensare e di costruirsi dei modelli a cui affidarsi. Infine le sorride, senza che neppure una parola adatta ne confermi l’espressione, lasciando che il silenzio intervenga a rendere più vaga qualsiasi sensazione. La donna guarda altrove, forse si interrompe la loro comunicazione, non ci sono più punti d’appoggio che giustifichino quel minimo dialogo. Già, si deve parlare per capirsi, ma forse è sufficiente scambiarsi soltanto dei segnali che magari neppure rispondono ad alcuna razionalità.

            Serve spostarsi, rimescolare l’acqua diventata troppo limpida, in modo che tutto torni torbido, ricco di ingredienti e di impurità che possono restare anche degli anni in sospensione, e mostrare bene su cosa sia possibile fare affidamento, cosa ci sia davvero in fondo a tutto. La donna non comprende, rimane immobile ma ha già raggiunto un diverso piano di consapevolezza. Allora Luigi sente di nuovo scricchiolare le proprie scarpe sulla ghiaia, e infine le fa un segno, soltanto un gesto in aria, e non gli importa se nessuno se ne accorge, neppure lei: va bene così, forse non potrebbe neanche andare in nessuna altra maniera.

            Bruno Magnolfi 

L’infinito niente.ultima modifica: 2011-11-28T20:40:13+01:00da magnonove
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