Andare via da qui.

 

Mentre costeggio a bassa velocità con la mia macchina i grossi bestioni costituiti dalle corriere gran turismo belle lucide e brillanti sotto al sole, ordinatamente parcheggiate lungo il fianco dello stadio per file parallele, qualcuno mi chiama col mio nome. Mi fermo, aspetto che magari quella specie di urlo soffocato che ho avvertito si ripeta, proprio per essere sicuro di aver sentito bene quello che mi è parso, ma al contrario di quanto mi attendessi non avviene niente, neanche un movimento né un rumore insolito: nessuno sembra cercarmi, nessuno mi guarda, non c’è alcun seguito a quello che mi è sembrato di ascoltare. Ingrano la marcia e proseguo là davanti molto lentamente: chi mai può conoscere il mio nome, mi chiedo, visto peraltro che è anche la prima volta che vengo a svolgere durante il giorno questo lavoro di sorvegliante al parcheggio dello stadio.

Vado oltre e continua a non succedere proprio un bel niente, così fermo la mia auto non molto lontano dalla fila dei pullman parcheggiati, poi scendo e la chiudo a chiave, infine torno indietro a piedi, le mani nelle tasche e gli occhiali scuri sopra gli occhi. Un paio di autisti continuano con gli spazzoloni a pulire i loro mezzi, senza guardarmi, e da qualche parte si sente giungere una musica di moda, mentre un altro paio di persone parlano tra loro là nel mezzo. Non posso scoprirmi troppo, rifletto, perciò è meglio se mi lascio vedere giusto per qualche momento, ma senza rivolgere a nessuno la parola. Quelli al mio passaggio si voltano, analizzano in un attimo se io sia o meno una persona conosciuta, poi tornano con tranquillità alle loro cose.

Risalgo sulla mia vettura: sono sicuro che ci sono molte cose che mi sfuggono, ma fino a quando non riesco a comprendere le motivazioni che sembrano spingere tutto verso una stessa direzione, non potrò essere assolutamente in grado di comprendere quanto stia accadendo. Percorro tutto il parcheggio a velocità moderata ma come per andarmene, ne esco difatti girando dietro al grande edificio dello stadio, poi torno indietro dalla parte opposta, fermandomi nel punto più lontano da dove sono parcheggiate le corriere. Prendo il mio binocolo e cerco di vedere meglio se qualcuno per caso stia guardando dalla mia parte, ma non scorgo nessuno, così torno ad ingranare la marcia e a muovermi in mezzo all’asfalto.

Mi sono appuntato tutti i numeri di targa dei mezzi presenti da queste parti, perciò ne scrivo l’elenco in un messaggio del mio cellulare ed invio la comunicazione a chi di dovere. Dopo qualche minuto mi giunge una risposta: mi si chiede di controllare con attenzione un certo pullman, così mi apposto subito in maniera da poter vedere bene il bus incriminato. Per una buona mezz’ora non succede niente, ma ad un certo punto qualcuno avvia il motore, e la corriera indagata si sfila lentamente dalle altre e se ne va. Comunico immediatamente quanto va accadendo, ma non ricevo alcuna istruzione in merito. Potrei seguire il pullman penso, ma forse non è il caso che prenda delle iniziative senza essere autorizzato. Aspetto in questo modo ancora qualche secondo, infine gli sfilo dietro, almeno per vedere verso dove sia diretto.

Quando torno indietro so di aver lasciato la corriera dalle parti di piazza Libertà, mentre procedeva verso nord, e in questo modo, appena tornato indietro fino a giungere di nuovo nei dintorni dello stadio, comunico la mia nuova segnalazione. Ricevo a quel punto un messaggio lapidario. “non ha importanza”, mi si dice; “puoi terminare il tuo lavoro e andartene”. Getto ancora uno sguardo tutto attorno. Non vedo proprio niente di anomalo. Davvero penso, posso andar via.

Bruno Magnolfi

Andare via da qui.ultima modifica: 2019-03-28T20:23:35+01:00da magnonove
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