"Progetti di normalità", di Bruno Magnolfi

Questione di tempo.

 

Se inizio a pensarci mi sembra impossibile essermi ritrovato così, in questa situazione praticamente inspiegabile, costretto a nascondermi, senza che riesca neppure a definire che cosa mai potrà avvenire nei prossimi giorni. Continuo a dormire nei vagoni ferroviari fermi sui binari morti nei pressi della stazione, insieme alla fedele borsa sotto la testa, ed il piccolo rotolo di soldi dentro una tasca, forte di potermi difendere all’occorrenza con la mia pistola sempre a portata di mano. Non ho propriamente paura, però a qualcuno potrebbe anche venire in mente di farmi uno scherzo, magari solo per vedere come reagisco. La cosa migliore per me sarebbe quella di farmi un amico, dormire con lui in due sedili vicini del treno, e darsi forza così l’uno all’altro. Ma non posso fidarmi di nessuno: ho troppo da perdere, devo stare da solo, non posso assolutamente fare altrimenti.

Durante la giornata mi muovo in mezzo alla gente con il bavero della giacca sempre ben sollevato, e poi mi vado a nascondere generalmente in qualche giardinetto. Ho trovato una mensa per i poveri che non ti chiede niente in cambio di un piatto caldo: né un documento, e neppure il tuo nome. Però ci vado soltanto qualche volta, e ad orari piuttosto sballati, per evitare che qualcuno possa in seguito ricordarsi di me. Non è difficile sparire in una città: si tratta di escogitare qualche accorgimento e comportarsi in maniera che nessuno nutra dei sospetti sui tuoi modi di fare: naturalezza ci vuole, nient’altro. La realtà quotidiana ci chiede sempre più di assumere un ruolo, e quando ci nascondiamo dietro qualche piccola fandonia, dobbiamo riuscire ad essere credibili, ad ogni costo, perché in questo modo si mette in gioco tutta la nostra personalità.

Mi muovo lentamente, riflettendo che un giorno di questi tutto si sistemerà, anche se non so perfettamente come. Voglio pensare che le cose andranno a posto quasi per un indole propria, senza bisogno di rincorrere dei risultati o delle conseguenze precise. Provo invidia per chi sembra non abbia niente da perdere, e lascia che tutto scorra per conto proprio, senza alcun impegno, come nell’indifferente attesa di un insperato colpo di fortuna. Non saluto nessuno, neppure quelli delle associazioni caritatevoli che vengono ogni tanto a farti delle domande: li evito, non ho bisogno di loro, so badare a me stesso, e soprattutto sono soltanto un attore che manda avanti una recita.

Stasera mi è venuta voglia di passare almeno per un attimo da casa mia, perciò sono andato fin nella stradina dove ho parcheggiato la macchina, l’ho messa in moto, e poi mi sono avviato verso la mia abitazione. Ho atteso a lungo che non ci fosse nessuno in zona, quindi ho preso le chiavi e senza soffermarmi neppure un momento sono entrato dentro al portone del solito palazzo. Senza accendere la luce condominiale delle scale, ho salito i gradini in perfetto silenzio, e davanti al portoncino ho aspettato in ascolto di qualsiasi rumore. Quindi sono entrato, ed ho acceso soltanto una lampada bassa. Tutto sembrava al suo posto, nella stessa maniera come avevo lasciato le cose diversi giorni più indietro; e stavo quasi per andarmene via, quando ho notato a terra una matita, una semplice matita che, purtroppo per me, non doveva essere lì. Qualcuno è entrato nel mio appartamento, ho pensato, e probabilmente lo ha fatto in maniera estremamente professionale, frugando tra le mie cose ma lasciando tutto ordinato, così come stava, a parte quella matita.

Poi sono uscito, senza minimamente soffermarmi, tornando di fretta lungo la strada e salendo di nuovo sulla mia macchina parcheggiata ad una certa distanza. Va tutto bene, mi sono subito detto, non devo preoccuparmi di nulla: le cose torneranno prima o dopo ad essere normali; perché in fondo è soltanto una questione di tempo.

Bruno Magnolfi

Questione di tempo.ultima modifica: 2019-04-07T20:36:40+02:00da
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