"Progetti di normalità", di Bruno Magnolfi

Pensieri di giugno

Questa notte ho sognato di mia madre. Del sogno non ricordo già più niente, se non la sua espressione, la sua faccia che insi­steva nel guardarmi. Poi, durante il giorno, camminando, ho ri­pensato agli occhi freddi, inespressivi, e a quel suo modo di par­lare. E ho immaginato che giungesse all’improvviso una sua tele­fonata. Avrei voglia di vederti, di averti un po’ con me, ha subito detto. Ed io, senza volerlo, ho cominciato ad agitarmi. C’è di vero che lei usa un sacco di aggettivi quando parla, e non si sa mai bene i suoi soggetti quali siano. E poi non è mai chiara, non si capisce fino in fondo ciò che vuole. All’apparecchio ho preso tempo, e mi sono subito inventato qualche cosa: di me non ho detto quasi niente anche se lei insi­steva per sapere. E ci sono molte cose che ancora devo sistemare, molte persone a cui ho promesso di parlare, e in questi giorni devo ricambiare dei favori. Praticamente ho continuato a dirle queste cose, ma tenendomi sul vago, decisamente sul generico. Mi divertivo a immaginare una telefonata di quel genere, co­si la prolungavo a dismisura, le parlavo soprattutto della mia vita sociale e di come passo le giornate, perché di questo soprat­tutto si interessa. E a un certo punto mi sono impappinato e non ho saputo più spiegarmi su non so quale faccenda, e allora si, capisci, certi impegni, alcune cose che risultano impellenti. E lei ha subito detto che non è proprio possibile che io abbia sempre dei segreti, che attorno a me ruotino sempre tante cose da sbrigare. Sei sem­pre impeguatissimo, ma non si sa mai bene in quali cose. Forse se si lascia passare qualche giorno ho un po’ di tempo, non pri­ma di due o tre settimane. No, assolutamente, prima no. Che bella idea quella di avere un appuntamento con mia ma­dre. Al solo pensiero mi rallegro. Come tra due innamorati, tro­varsi in quella piazza, quella solita, accanto al monumento. Di sicuro non vorrei apparire incerto, far vedere che qualcosa mi impaurisce. Così lo fisso io l’appuntamento, ed immagino di dir­le per telefono di avere una gran voglia di vederla. In realtà non è che mi va troppo di cedere facilmente; non vorrei dargliela vinta, mi piacerebbe che insistesse. Ma lei cambia discorso e mi parla all’improvviso di altre cose e di un parente che neppure mi ricordo; e poi dei suoi malanni, della casa malandata, e di altri fatti un po’ confusi. Se ricevessi veramente una telefonata da mia madre vorrei che non facesse le sue stupide allusioni, i suoi giri di discor­si che non approdano mai a nulla. E poi quell’incredibile maniera di tirarmi fuori tutto senza neanche chiederlo; e ancora i suoi consigli, quelli forniti dal buon senso, dalla sua maggiore età. Tutte cose che non riesco in nessun modo a sopportare. Negli ultimi tempi prima di morire sembrava solo preoccupata della mia maturità, che non fossi cresciuto a sufficienza, e continuava ad osservarmi di nascosto, a guardare le mie mani. Al telefono le ho detto che curo le mie unghie, le taglio sempre, con regolarità; non le rosicchio con i denti, stai sicura, quello è un vizio del passato. Ciò che vorrei più di ogni cosa è che non si preoccupasse così tanto, che mi desse più fiducia. Continuo a dirle in ogni modo di sentirsi più tranquilla, di stare rilassata. Non farei mai qualcosa che potrebbe dispiacerti, le ripeto spesse volte, ma le mie assicurazioni non giovano quasi mai. Non mi piace di vederla rassegnata, di sentire i suoi sospiri per telefono men­tre cerco di spiegarle qualche cosa. E poi, chissà perché, ogni volta che la sogno, il giorno dopo non ricordo quasi nulla; al mio risveglio quelle cose che ho in­travisto nella notte, tutti i fatti, i personaggi della mente, se ne fuggono veloci. A malapena mi ricordo che c’è stata, che era qui, da qualche parte, e forse mi guardava, mi diceva qualche cosa. Ad un tratto la comunicazione si è interrotta; forse un guasto sulla linea, mi è venuto di pensare. Ed io, come uno scioc­co, sono rimasto a rigirare l’apparecchio tra le mani. Dopo ho riattaccato la cornetta, ho fatto due o tre passi nella stanza e mi è venuta voglia di svagarmi, di impegnarmi in qualche cosa per trovare un po’ di calma.

Bruno Magnolfi

Pensieri di giugnoultima modifica: 2009-09-12T14:43:24+02:00da
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