Inseguire un’idea.

 

Marta non mi ha più cercato. L’ho intravista qualche volta davanti alla scuola, mentre con gli altri si riversava lungo via delle matite, all’orario di uscita. Ma non ho guardato direttamente verso di lei, proprio per evitare di metterla in imbarazzo, e poi qualche sua compagna sembrava in quel momento riuscire a distrarla con qualche chiacchiera tipica delle ragazzine, così immagino non si sia neppure accorta di me. Forse ho fatto qualche errore con Marta, però vorrei ricevere adesso una pur piccola spiegazione del suo insolito comportamento. Lascio passare qualche giorno, con la mia abituale indifferenza, però mi guardo in giro, controllo sempre che lei sia dalle parti della scuola, che sia presente nei dintorni di ogni mia giornata, aiutandomi con un paio di occhiali di mio padre, con le lenti oscurate, che camuffano ogni espressione e non lasciano capire verso dove i miei occhi siano rivolti. Infine: la noto, ferma sul cortile, insieme a qualche compagno, però con lo sguardo basso, in silenzio, come per fare soltanto atto di presenza in mezzo agli altri ragazzi. Le vado vicino senza che lei mi noti, estraggo un temperino che porto spesso con me, non so neppure per quale motivo, e poi affondo rapidamente la punta della lama nel suo braccio. Marta lancia un urletto mentre la sua faccia assume immediatamente una smorfia di dolore, ma io mi ritiro, pur con calma, senza guardarla, come se non avessi niente a che fare per quella piccola ferita che le ho provocato. Lei adesso mi scruta con espressione cattiva, la sua faccia sembra quasi chiedere a gran voce il motivo di questo mio gesto, ma io, dopo un attimo di sosta, muovo i passi per andarmene. Lei mi raggiunge, mi costringe a fermarmi, mi guarda diritta, ed io tolgo gli occhiali, la guardo a mia volta, le chiedo, come se cadessi dal cielo in quel momento: <<Che cosa ti ho fatto?>>. Marta comprende perfettamente a cosa mi riferisco, e dopo aver estratto dallo zaino un fazzoletto di carta si asciuga le poche gocce di sangue che le sono uscite dal braccio, e quindi risponde: <<Niente>>, senza aggiungere altro.

Rimaniamo lì immobili e vicini per qualche minuto, in silenzio, senza più avere il coraggio neppure di guardarci, poi lei muove un passo di lato, e quindi si avvicina decisa verso i suoi compagni. Torno a casa camminando lentamente, rifletto che forse in questo momento avrei la necessità di un parere obiettivo, l’opinione di una persona più grande di me, disposta ad ascoltare tutta la storia e a tirarne fuori un giudizio chiaro e spassionato. Mi immedesimo rapidamente in ciò che sarò tra vent’anni o anche di più, e mi rendo conto in questa nuova veste che forse nel futuro niente più sarà com’è stato adesso. In tutti questi anni trascorsi non ho mai avuto bisogno di una vera compagna, stabilisco nella mia mente, anche se naturalmente ho fatto le mie esperienze. Forse non sono stato capace di provare per gli altri veri e sinceri sentimenti di affetto, e la solitudine che sempre ho coltivato mi è parsa ogni volta l’unica vera caratteristica della mia personalità, fin da quando ero un ragazzo del periodo scolastico. Probabilmente il mio modo di comportarmi non è risultato favorevole per tutte le persone che mi hanno incontrato fino ad ora, e per tutte loro probabilmente arrivare a scansarmi è sempre stato il modo migliore per non avere qualcosa da spartire con me.

Da adulto, proprio come ora mi sento, ripenso ancora alle possibilità a cui avrei potuto facilmente spianare la strada, se solo nei momenti in cui ero bambino avessi cercato di variare almeno qualcosa di tutto quanto è andato capitando in seguito, oppure di ciò che non mi è capitato affatto, lasciandomi da solo a navigare in un mare quasi sempre estraneo ai miei gusti. Mi guardo dentro uno specchio, e certe volte intravedo una persona diversa da ciò che sono diventato, qualcuno che normalmente si piazza rannicchiato e inerte dietro alla maschera. Avrei potuto fidarmi degli altri, coltivare delle amicizie, raccontare in giro qualcosa delle mie sofferenze, e durante le mie confessioni confrontarmi con le esperienze di qualche coetaneo. Questo lasso di tempo, da quando ero un ragazzo fino ad oggi, è servito soltanto a solidificare quello che già era abbastanza evidente negli anni dell’adolescenza: l’incapacità che ho sempre avuto ad instaurare delle relazioni con gli altri, di confidarmi, di scambiare opinioni, di avere fiducia nel prossimo, assieme naturalmente al fatto assodato per cui non sono mai riuscito a modificare la benché minima parte di quanto adesso mi appare evidente, invariato e costante per tutto questo lungo periodo. Forse è vero che Marta era simile a me, ma proprio per questo non era possibile per noi due trovare una sintesi comune dei nostri caratteri. Senza saperlo, al momento, il mio gesto allora era stato quasi catartico, ed il fatto di averla fatta allontanare definitivamente da me, un qualcosa che indubbiamente stavo cercando da tempo.

 

Bruno Magnolfi

Inseguire un’idea.ultima modifica: 2024-09-05T18:23:44+02:00da magnonove
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