Direzione contraria.

 

Oggi, giro per strada quasi senza preoccuparmi di alcun altro impegno, se non camminare lentamente salutando qualcuno che incontro ogni tanto sul marciapiede di via XX Settembre, il quotidiano immancabile dentro la tasca, una sottile cartella di documenti stretta in una mano. Vorrei essermi formato un’opinione precisa su quanto sta accadendo in questo piccolo paese, ma non ci riesco, mi pare tutto così insolito che sono capace soltanto di sospendere ogni giudizio, nell’attesa che il tempo chiarisca almeno qualcosa. Mia moglie svolge la propria attività alle Poste oramai da tanto tempo, e quello che mi è sempre apparso esattamente il luogo di lavoro più immobile e monotono di tutta Calci e dintorni, al punto che in qualità di sindacalista non ho mai preso neppure in considerazione il fatto che potessero esserci là dentro degli estremi contrattuali per una qualsiasi rivendicazione da parte del personale, adesso appare completamente diverso. All’improvviso difatti tutto sembra rapidamente cambiato, e la minaccia anonima di far scoppiare un ordigno all’interno di quell’edificio, dimostra che probabilmente ci sono anche degli elementi che mi sono del tutto sfuggiti, almeno fino ad ora. Ho chiesto alla Direttrice dell’Agenzia di indire, insieme al resto del personale, un giorno di sciopero, e relativa chiusura degli uffici, come atto dimostrativo di protesta per quanto accaduto, e lei, pur non troppo convinta di questa azione, ha detto comunque che andava bene, solo doveva naturalmente comunicarlo alla Direzione di Pisa ed attendere anche il loro parere.

Costeggio così lo slargo davanti alla Casa del Popolo, e com’era prevedibile vengo subito fermato da qualcuno che mi saluta con entusiasmo e mi chiede qualcosa. Sono molto conosciuto in certi ambienti, e nel passato il Partito mi aveva anche chiesto di presentarmi come candidato a Sindaco nelle Elezioni Amministrative locali, ma io ho sempre rifiutato, soprattutto per una mia incapacità nel mettermi troppo in vista in certe battaglie politiche. Ho preferito cioè continuare ad occuparmi come sempre degli aspetti contrattuali di alcune categorie di lavoratori, piuttosto che pormi a simbolo di una intera popolazione. Forse a qualcuno è persino dispiaciuto, ma a me è andato bene così, tanto più che già nei sondaggi non era per niente chiaro quale potesse essere la coalizione vincente. Poi, da non molto tempo, è arrivato alle Poste il nipote del vicesindaco di destra, vincitore naturalmente di un regolare concorso, ma probabilmente aiutato dalla famiglia nella sua assunzione ad impiegato, e qualcosa è iniziato già a muoversi. Alberto, così come si chiama questo giovanotto, all’improvviso mi chiede di fargli avere la tessera sindacale della mia organizzazione, ed io lo accontento, non posso fare nient’altro, però qualcosa inizia a non tornarmi per niente. Ad un certo punto poi, si comincia da molte parti a vociferare che la sede di Calci di Poste e Telegrafi verrà chiusa, senza che ci sia una spiegazione esauriente per una scelta del genere, se non quella di potenziare la sede di un paese vicino. Infine, la bomba, o meglio la sua minaccia, che in fondo è quasi la stessa cosa.

Non so più che dire a queste persone che desiderano conoscere la mia opinione in merito a questi fatti: sorrido, dico che è presto per trarre delle conclusioni che rischiano di apparire assolutamente affrettate, assicuro tutti che non sono a conoscenza di qualcosa che invece loro sembrano ignorare, e con questo mi stacco da questo gruppetto che si è formato, e muovo verso la sede postale. Desidero parlare con Alberto, conoscere qualcosa di più delle sue idee, capire se questa tessera sindacale, almeno nelle sue intenzioni, avesse degli scopi precisi, oppure fosse soltanto una controversia all’interno della propria famiglia. Così giungo davanti all’edificio nel momento esatto del termine dell’orario di lavoro, e dopo poco difatti si apre la porta e i pochi impiegati escono e si salutano tra loro. Mia moglie mi vede e mi viene incontro, ma io le faccio cenno di attendere un attimo, e così fermo Alberto e gli chiedo se vada ancora tutto bene, adesso che è un nostro tesserato. Mi risponde di sì, senza aggiungere molto su questo argomento, però timidamente mi chiede se fosse possibile incontrarsi magari in un altro giorno, naturalmente fuori dall’orario di lavoro, in considerazione di alcune cose che vorrebbe conoscere. <<Non ci sono problemi>>, gli dico; <<per me va bene anche domani, nel tardo pomeriggio, nell’ufficio del sindacato>>. Lui mi stringe la mano, mi saluta, e poi se ne va, lasciandomi immerso in dubbi ancora maggiori di quelli che avevo.

Mia moglie Lorenza dopo un attimo mi viene vicino, e forse deducendo qualcosa dalla mia strana espressione, mi chiede se ci siano dei nuovi problemi, ma io scuoto la testa, la prendo sottobraccio e mi avvio insieme a lei verso la nostra abitazione. <<Non ho la più pallida idea su che cosa abbia desiderio di parlarmi, questo tuo collega>>, dico sottovoce a Lorenza; <<però ho l’impressione che qualcosa dentro di lui stia correndo più veloce del necessario, e forse proprio nella direzione contraria a quella dei suoi familiari e dei suoi parenti>>.

Bruno Magnolfi

Direzione contraria.ultima modifica: 2023-03-04T11:39:41+01:00da magnonove
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