Perdita di tempo.

 

Sto sempre dietro ad un paravento, lo so, me ne rendo conto; non ho niente di più da mostrare di me stesso, e forse non sarei neppure troppo capace di stare all’altezza di quello che mi trovo ordinariamente a compiere, se non fosse che il mio profilo è piuttosto basso, ed il minimo di risultato che ottengo dai miei blandi sforzi che a volte compio, dev’essere forzatamente per gli altri già sufficiente. In genere mi sento annoiato, e con ogni probabilità non avrei neppure voluto essere inserito in una realtà così monotona e del tutto priva di stimoli, se non fosse che era difficile per me collocarmi in una situazione diversa. Lo capisco, non ho avuto voglia di studiare negli anni scolastici, e mio padre, che aveva tanto insistito con me, non ha mai ottenuto alcun risultato, forse proprio per i suoi modi, oppure per quel suo pretendere e basta, ma adesso probabilmente non mi ricordo, e non saprei neanche dire. Mi rigiro nelle poche cose che penso, e mi pare che il tempo più importante per il mio futuro sia trascorso via senza che io abbia mai riflettuto adeguatamente su come impiegarlo. Il fratello di mio padre poi, ha steso una mano pietosa sulle mie spalle, e ad un certo punto, dopo che mi ero continuato a dibattere per un sacco di tempo nel cercare da solo certi lavoretti che purtroppo non sono mai riuscito a conservare e a rendere realmente duraturi, ha trovato ciò che per lui, e anche per tutti, era una soluzione assolutamente adeguata. Sono arrivato all’ufficio postale immaginando che anche in questo ambiente sarei rimasto ben poco, considerati tutti i miei trascorsi; invece, da questo lavoro, sembra proprio che nessuno mi manderà mai via, anche se non mi sono affezionato per niente alle attività che vi devo svolgere. Lascio andare avanti le cose un giorno di seguito all’altro, senza mai interrogarmi troppo su quanto sto facendo, come non ci fosse nessuna diversa soluzione per me, se non continuare così, ed accettare il mio ruolo.

Questo paese di provincia è ancora più piccolo del mio, quello in cui sono nato, e che peraltro ho sempre un po’ odiato, ma dove abito ancora, fortunatamente a pochi chilometri di distanza dal mio posto di lavoro, nelle due stanze poste sopra alla casa dei miei genitori. Al circolino dove vado spesso la sera, ci sono sempre le solite conoscenze lì pronte ad attendermi, e così tra coetanei si parla di cose leggere, si scambiano battute spiritose, ci si sfida alle carte, si beve qualcosa. Se dicessi a qualcuno di loro di non essere soddisfatto di me, si farebbero tutti una grossa risata, e poi basta: la vita è fatta in questa maniera, inutile star qui a lamentarsi o a tirar fuori cose che non si può certo modificare, potrebbero dirmi in un coro. Perciò seguo il mio turno, servo le carte, cerco di fare la giocata migliore a quel tavolo dove sembra che ridere e basta sia per ognuno la maniera migliore per tirare tutto in avanti. C’è stata qualche ragazza negli anni trascorsi, ma non c’è stato mai niente di serio, qualcosa magari più intenso che valesse la pena di essere spedito oltre le solite cose. Mi pare che tutto quanto sia poco accattivante, almeno per uno come me: sicuramente non mi sono mai meritato niente di particolare, però non ho neppure trovato intorno a me una situazione particolarmente incoraggiante.

Nell’ufficio postale dove lavoro si dipanano regolarmente gli elementi di un microcosmo completo, costituito da discorsi monotoni, gesti usuali, facce riviste con espressioni sempre un po’ identiche, e discorsi che spesso non vale neppure la pena ascoltare. Smisto i pacchi e la posta, ogni volta che giunge il furgone da Pisa, ogni mattina, al momento in cui vengono scaricate da noi le presunte novità per un paese senza speranza come quello di Calci. Non ho niente contro questi bravi cittadini, è evidente; però sono io che non trovo niente da spartire con loro, così come con tutta questa provincia asfissiante, priva di stimoli, scarna di interesse, immobile e senza futuro. Per me era quasi una sfida essere capace di uscire con una ragazza del luogo, e quando si è concretizzata in un attimo questa possibilità, mi è parso, almeno per una serata, che qualcosa almeno potesse cambiare, e che la persona che vedevo ogni giorno dietro allo sportello dell’ufficio postale, potesse rivelarsi del tutto differente da ciò che avrei già potuto immaginare. Ma non è andata così, e tutto è rimasto esattamente come un colore diffuso sopra una tela incrostata di altri colori, mescolati tra loro in pennellate sovrapposte quasi senza criterio: un astratto, un dipinto senza capo né coda, difficile da interpretare, forse persino senza un vero significato, quasi un’assurdità, come qualcosa per cui è proprio inutile perdere ancora del tempo.

Bruno Magnolfi

Perdita di tempo.ultima modifica: 2022-12-17T16:12:38+01:00da magnonove
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