Soltanto lavoro.

 

Ieri, mentre ero in agenzia per fare delle fotocopie, è arrivato improvvisamente Fernando, il fratello di Laura, la mia ex-moglie. In effetti qualche tempo fa gli avevo promesso che mi sarei interessato delle sue necessità abitative, però non l’ho fatto. Così ho accampato subito qualche scusa, ho spiegato, scorrendo l’elenco, che anche se non lo avevo chiamato, forse qualcosa di adatto alle sue esigenze lo avevo anche trovato, e che si trattava soltanto di avere un attimo di pazienza. Lui sorridendo non ha mostrato alcuna meraviglia, mi ha chiesto soltanto se fosse stato possibile andare a bere qualcosa nel caffè proprio di fronte per parlarne, e così dopo una lieve incertezza ho preso con calma la giacca, ho fatto un cenno veloce ad Elisabetta, impegnata come sempre al telefono, e sono uscito in strada con lui. Avevo quasi il terrore che per un motivo o per l’altro iniziasse a parlarmi di sua sorella. O che mi chiedesse delle spiegazioni per il nostro matrimonio fallito, ma Fernando si è limitato a farmi notare che se avessi avuto davvero un appartamento adatto alle sue esigenze, lui lo avrebbe preso subito, pagando addirittura in contanti. A quel punto, anche se non sono cose su cui in genere mi soffermo troppo, mi sono accorto di alcuni dettagli: del suo magnifico orologio d’oro, ad esempio, e anche del vestito di ottima fattura, e pure delle bellissime scarpe ai suoi piedi. <<A mia sorella sta andando bene>>, mi ha detto lui; <<la produzione del vino è in netta crescita, e la nostra prozia praticamente le ha lasciato completa gestione di tutta l’azienda>>. Avevo conosciuto quella anziana parente e la sua tenuta in occasione del nostro viaggio di matrimonio, e ricordavo le cantine enormi, i filari a perdita d’occhio, e i tanti macchinari per la trasformazione dell’uva, anche se non avevo molta voglia di ripensare a quelle cose lontane.

<<Tu mi trovi la casa>>, diceva adesso Fernando, <<ed io ti faccio un regalo>>. Ci siamo presi il caffè senza neppure parlare d’altro, poi, tornando verso l’ufficio, gli ho detto che potevamo prendere un appuntamento già per il giorno seguente, e andare a visionare un appartamento che rimaneva poco distante dall’agenzia. <<Mi fido di te>>, ha detto lui, e senza neppure rientrare in agenzia mi ha stretto la mano con forza, e mi ha salutato senza aggiungere altro. Forse avrei preferito non avere niente a che fare con questo fratello perduto per decenni dall’altra parte del mondo, comunque dovevo comportarmi con lui come con qualsiasi altro cliente, ed una volta sistemate le sue faccende, dimenticarmi di tutto. Provavo un sottile fastidio pensando al fatto che Laura si fosse sistemata in Maremma, compiendo lo stesso percorso che la sua anziana prozia, senza alcun erede diretto, aveva chiesto di compiere proprio a noi due, novelli sposi. In ogni caso non erano certo cose che potevano destare in me interesse o curiosità: avevamo troncato ogni rapporto tra di noi separandoci, e non sarei certo stato io a rompere questo preciso e implicito accordo. Con Elisabetta, rientrando in ufficio, non era neppure il caso di parlarne neanche di sfuggita, così ho controllato il possesso delle chiavi dell’appartamento in questione, e poi mi sono occupato di altro.

Oggi, Fernando è arrivato in agenzia all’ora pattuita, giusto con dieci minuti di ritardo, e senza aggiungere niente ai normali saluti, ha atteso paziente che prendessi con me quanto occorreva, per incamminarmi con lui verso la nostra destinazione. Mi sono reso conto soltanto uscendo dall’ufficio che ci stava un taxi ad attenderci, così sono salito sul mezzo senza comunque accampare rimostranze per la breve strada che ci separava dall’indirizzo verso cui eravamo diretti, e lui si è mostrato tranquillo e perfettamente a suo agio. L’appartamento, all’ultimo piano di un elegante palazzo, appare composto da quattro stanze con doppi servizi, secondo me forse un po’ troppo costoso rispetto alla metratura calpestabile, ma in ogni caso si mostra completamente arredato e con finiture abbastanza ricercate, compreso un salotto luminoso con una terrazza da cui si spazia con lo sguardo su buona parte della città. Lui in silenzio ha osservato ogni dettaglio, ha soppesato tutto quanto gli stavo facendo vedere, poi ha detto soltanto che gli sembrava adeguato, l’avrebbe preso insomma, chiedendomi di fissare il notaio e tutte le incombenze di cui non aveva alcuna dimestichezza.

Ci siamo lasciati una volta usciti dall’ascensore e dal portone generale, ed io, pieno di perplessità, sono rientrato da solo in agenzia. Elisabetta, intanto, mi aveva fissato un ulteriore appuntamento con una coppia di coniugi, sempre che non avessi avuto altri impegni, così sono tornato ad uscire, concedendomi appena il tempo di fare un paio di telefonate e andare un attimo in bagno. Tutto a posto, ho pensato subito tornando sulla strada: è il mio lavoro; niente di diverso.

Bruno Magnolfi

Soltanto lavoro.ultima modifica: 2022-08-28T18:23:55+02:00da magnonove
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