Soluzioni possibili.

 

Stasera mi sono fermato al bar di Lorenzo, una volta uscito dall’agenzia. Era presto, non avevo voglia di tornare subito a casa e sentirmi di nuovo e come sempre da solo tra le mie stanze in affitto, dove peraltro ci sarebbero mille cose da riassettare, da pulire, da mettere in ordine. Ormai ho imparato a gettarmi dietro le spalle tutto ciò che non ho alcuna voglia di fare, non tanto per la mancanza di una volontà specifica, quanto per quel senso di inutile che mi provoca avere un alloggio ben curato ma frequentato solo da me. Non è che faccio questo per una totale mancanza di rispetto verso la mia persona, quanto per una necessità personale di dare alle cose di uso quotidiano quella forma il più possibile aderente a ciò che ritengo il mio modo di essere, la mia personalità insomma. Mi devo sentire bene tra le mie cose disordinate, ed averle quasi tutte a portata di mano. Così mi sono seduto al lungo bancone di legno scuro, e mi sono fatto servire una birra, in quella perenne atmosfera, dentro al locale, di vapori di luppolo e di scarsa luce, tale da non lasciare mai comprendere se fuori sia ancora giorno oppure già sera. Un tizio che non conoscevo si è seduto vicino a me, ha ordinato un bicchiere di birra alla spina, poi, sempre senza distogliere lo sguardo, mi ha chiamato per nome. <<Adriano>>, mi ha detto, come se mi conoscesse. Ho osservato per un attimo il suo profilo che continuava a non suggerirmi un bel niente, quindi, visto che non c’era nessun altro vicino a noi, ho detto soltanto: <<sono io>>, nell’attesa di un qualche chiarimento, anche se quell’uomo è rimasto in silenzio, ed anzi  ha tracannato tranquillo un sorso della sua birra.

Dopo un minuto però, sempre senza guardarmi, ha iniziato col raccontare che tutte le cose qualche volta trovano un senso, e spesso lasciarsi andare a quanto suggerisce il caso apparente, porta ad avvicinarsi agli aspetti che maggiormente sono desiderabili. <<Ho girato in lungo e in largo sperando di trovare ciò che volevo>>, ha proseguito; <<fino a quando, disinteressandomi finalmente di tutto, mi sono ritrovato vicino a ciò che mi era più caro>>. Non osavo dire niente ascoltando queste parole, perché se questi discorsi da un lato mi parevano dettati da un certo buon senso, dall’altro parlare così ad un estraneo mi pareva qualcosa probabilmente elaborato da un matto, o da qualcuno che non riesce a rendersi conto di cosa voglia dire starsene al mondo. Ho sorriso leggermente, sperando che tutto quanto finalmente portasse da qualche parte, soprattutto nell’attesa di una spiegazione per essersi riferito a me usando il mio nome, ma quello è rimasto di nuovo in silenzio, forse aspettandosi da me una qualsiasi reazione. Infine, dopo altro tempo, ha ripreso col dire, sempre con tutta la calma possibile, che lui era semplicemente il fratello di quella che era stata un tempo mia moglie, anche se non lo avevo mai conosciuto fino ad oggi, considerato che si era trasferito fin da ragazzo in Nuova Zelanda, facendo perdere persino le proprie tracce.

Sull’immediato non ho trovato niente da ribattere, ed in considerazione del fatto che da molto tempo non avevo neppure più alcuna notizia di Laura, mi sono sentito estremamente sorpreso da tutto quanto, attendendo da lui qualche ulteriore spiegazione. <<Sono Fernando>>, ha detto invece lui come conclusione di tutta la sua chiacchierata, <<ti ho riconosciuto da qualche vecchia fotografia che mi aveva inviato mia sorella>>. Ho inghiottito un sorso di birra a mia volta, non trovando neppure adesso qualcosa da dire, ma lui ha detto soltanto che se volevo potevo aiutarlo a trovare un alloggio in città, visto che era a conoscenza del mio lavoro nel settore immobiliare, e che al momento aveva deciso di trasferirsi proprio qui, almeno per qualche tempo. Così ho risposto che non trattavo case in affitto, ma Fernando ha subito spiegato, stavolta voltandosi leggermente verso di me, che intendeva acquistare direttamente un modesto appartamento, considerato che era rimasto solo, e che oltre a del capitale, poteva contare su una piccola rendita frutto del suo lavoro trentennale in Nuova Zelanda. Gli ho detto che avrei controllato se c’era qualcosa di disponibile in agenzia, e gli avrei fatto sapere senz’altro eventuali soluzioni, e poi ho chiesto, con parole non troppo dirette, se sua sorella stesse ancora bene, in salute, e proseguisse a fare la maestra d’asilo. <<No, non sta più dove prima: nostra madre è morta ormai da qualche anno, e lei si è trasferita da una prozia che abitava in Maremma, dove adesso sta occupandosi della produzione di vino>>. Sono rimasto di stucco, naturalmente, e dopo avergli lasciato sul banco il mio biglietto con il numero a cui chiamarmi insieme ai soldi della bevuta, ho detto che avevo un impegno, e così sono uscito.

Bruno Magnolfi

Soluzioni possibili.ultima modifica: 2022-08-07T11:05:50+02:00da magnonove
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