Pronto alla fuga.

 

Tempo fa, in estate, durante il periodo di chiusura dell’agenzia immobiliare per cui lavoro, decisi di approfittare di quel periodo di vacanza e fare un giro verso qualche luogo di mare. Misi alcune cose personali dentro una sacca, accesi il motore della mia utilitaria, e poi puntai diritto verso la costa. Nel pomeriggio, stufo di guidare, mi fermai dalle parti di Talamone, in Maremma, e così affittai una casetta di legno minuscola in un campeggio ben organizzato di quelle parti. Attorno a me c’erano quasi soltanto delle famiglie con dei bambini, e alcune di loro arrivavano da paesi stranieri, ma a me interessava soltanto fare qualche nuotata nell’acqua e leggere qualche pagina del libro che mi ero portato tra i pochi bagagli. Così mi piazzai sulla spiaggia con l’asciugamano a godermi il bel tempo ed il mare calmo. Alla sera, passeggiando sul piccolo porto turistico, mi accordai con un tizio per noleggiare il giorno seguente un piccolo gommone a motore accogliente e abbastanza veloce. Volevo soltanto farmi un giro lungo i promontori poco distanti, e rendermi conto dal mare come si sviluppava la parte rocciosa di quella località, anche per fare un bagno in solitaria vicino a degli scogli non accessibili da terra. Così, la mattina successiva, mentre spaziavo all’interno dello specchio d’acqua pieno di tavole a vela, mi accorsi rapidamente di una piccola imbarcazione che pareva scaricare delle casse sopra un minuscolo molo isolato, nella parte del golfo opposta alla cittadina di Talamone, in una zona dove non si vedeva alcuna costruzione. Cercai di avvicinarmi, tanto per curiosare, ma mi accorsi che c’erano diversi uomini in divisa a supervisionare le operazioni, e forse qualcuno di loro mi stava già osservando con un binocolo.

Virai verso altre zone, e trovai dei punti magnifici sia sotto la Rocca Aldobrandesca che dalle parti di Capo d’Uomo, dove c’erano diverse grosse imbarcazioni ancorate a godersi la giornata. Quando riconsegnai il gommone mi sentivo soddisfatto della mia gita, e mentre pagavo chiesi all’incaricato che cosa fosse quel luogo dove si potevano notare dei militari in azione. <<Scaricano munizioni>>, mi fu spiegato. <<Quello è un luogo deputato per l’approvvigionamento di materiale bellico per le basi qua attorno, e avvicinandosi troppo mentre sono in atto degli scarichi, si rischia di essere fermati e addirittura identificati>>. Mi parve una stranezza quella di svolgere operazioni pericolose poco lontano da un luogo così bello e turistico, ma mi ritenni immediatamente soddisfatto della spiegazione, ed in considerazione della materia, non mi parve il caso di porre nessun’altra domanda. Però nella notte, nella mia capanna di legno da cui si immaginavano piacevolmente le piccole onde di mare vicine, spinte dalla brezza di terra, sognai una situazione in cui venivo costretto a sbarcare con il mio barchino leggero, e che dei soldati minacciosi e poco gentili, mitra alla mano, mi chiudevano i polsi con dei ferri dietro la schiena, portandomi chissà dove, da solo, gettato nel cassone posteriore della loro camionetta scomodissima. Alle mie spalle intanto sentivo rombare dei colpi forse di mortaio e di fucile, e qualche grossa bomba saltava in aria distruggendo probabilmente il piccolo molo e anche le loro imbarcazioni.

Difficile sarebbe stato trovare delle giustificazioni personali che chiarissero la mia posizione, e mentre pensavo che da lì a poco avrei subito senz’altro un interrogatorio terribile, forse accompagnato da qualche forma di tortura, cercavo, con la poca razionalità che mi rimaneva, una qualche via di fuga possibile da quella situazione. La camionetta si fermava, a un certo punto, e da dove mi trovavo sentivo delle voci concitate che forse spiegavano ad altri chi fossi e quanto stava accadendo. Trovavo, sul fondo della camionetta, la leva che apriva il gancio di chiusura della ribalta da dove mi avevano fatto salire là sopra, e in un attimo, fortunatamente senza provocare rumore, saltavo giù e me la filavo rapidamente all’interno del bosco da cui eravamo circondati in quel momento. Correvo a perdifiato, con le mani però ancora serrate dietro la schiena, ma dopo poche centinaia di metri ritrovavo la mia utilitaria parcheggiata in una radura, e poco lontano l’uomo che si occupava del noleggio delle imbarcazioni, il quale, come si fosse stati d’accordo, mi toglieva immediatamente quei ferri dai polsi con delle sue appropriate ed enormi tronchese, ed io mi ritrovavo poco dopo davanti all’agenzia immobiliare dove svolgo normalmente le mie giornate di lavoro, quasi incredulo di aver potuto risolvere tutto quanto in così poco tempo.

Il giorno seguente tornavo veramente in città, ma il viaggio di ritorno mi parve lunghissimo, quasi un tormento, soffrendo per tutta la strada come se avessi avuto veramente qualcuno alle spalle, pronto a raggiungermi con determinazione, e a farmi pagare ogni mia presunta attività.

Bruno Magnolfi

Pronto alla fuga.ultima modifica: 2022-08-01T16:29:30+02:00da magnonove
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