Invenzioni legittime.

 

Sto qui, accanto al mio pianoforte, ad osservare di nuovo la luce del giorno, che poco per volta si fa calda ed obliqua, nel trascorrere lento e costante del pomeriggio. Ieri è venuta da me la signorina Neri, a prendere una prima lezione riguardo a Chopin ed alle sue cosiddette “ballate strumentali”, nel tentativo legittimo e scoperto di comprendere maggiormente l’intenso approccio individualistico del grande pianista alla sua musica, ora che per lei, penso io, la tastiera si è fatta quasi soltanto fraseggio e dialogo rispetto alle timbriche e alle sonorità degli altri suonatori di differenti strumenti con cui adesso si intrattiene. Mi ha portato un ritaglio di giornale, dove si parla in termini favorevoli della recente serata di musica tenuta dalla formazione jazz – di cui la Neri fa parte – in un piccolo locale della città. Ho letto con curiosità quelle parole giornalistiche, ed anche se alcuni termini devo dire mi sfuggono, per il resto sono molto contento che questa ragazza, pur non lasciando lo studio classico del pianoforte, abbia trovato la forma che meglio si adatta alle proprie esigenze espressive. Naturalmente non ho mostrato con lei quasi nessun apprezzamento per questo percorso intrapreso, limitandomi soltanto ragionevolmente a prenderne atto.

Adesso però sorseggio una tisana calda che mi ha servito la mia fedele Clara, e rifletto meglio sul percorso musicale di questa ragazza, così legato alla sua personalità decisa, combattiva, forte, come se le sue scelte fossero sempre delle vere e proprie sfide. La sua presenza mostra spesso però anche una certa timidezza, ed il suo essere particolarmente schiva, in qualche caso, la fa sembrare quasi poco sociale. Comunque, la signorina Neri ha imparato rapidamente molte cose intorno al pianoforte, ed oltre a possedere nelle mani oramai una tecnica eccellente, ha messo bene a frutto le idee nella sua testa, per capire in fretta quale fosse la propria strada da intraprendere. Non voglio essere un vecchio parruccone legato ai soliti, medesimi percorsi, ed anche se per me la musica rimane quella che ho suonato ed insegnato per decenni, però comprendo bene come i tempi che viviamo adesso abbiano proposto, nel corso specialmente degli ultimi periodi, alcuni modelli che neanche io posso spingermi del tutto ad ignorare.

L’allargamento, durante tutto il periodo romantico, dell’area tonale della musica, fino all’estremo utilizzo, oltre alla selva in pentagramma di diesis e di bemolle, delle stridenti dissonanze, ed anche poi di quegli accordi che rendono il percorso armonico del tutto imprevedibile, ha fatto in modo che la forma si identificasse sempre di più con l’individualismo più sfrenato, con il sentimento, con la personalità stessa dell’autore. Questa ragazza adesso, con il suo piccolo bagaglio di libertà, è esattamente questo che cerca di minare nelle fondamenta, togliendo qualsiasi importanza agli elementi psicologici trasformati in dei fantasmi artistici dai grandi autori del passato, figure proprio come lo stesso Chopin. La musica, secondo lei, ha senso solo nel dialogo strumentale che si riesce a sviluppare, sembra affermare quando pur affronta certe partiture. Meglio ancora quando, partendo magari da una base, si improvvisano dei temi estemporanei colmando reciprocamente con gli altri musicisti i vuoti delle frasi, e stimolando in tutti continue invenzioni sonore. Ecco, questo è l’elemento originale portato avanti da qualcuno, e tutto ciò viene sviluppato anche da questa ragazzina, senza affatto disconoscere però i principi fondanti della musica seria.

Non so, resto perplesso, non so cosa pensare: la musica deve mostrarsi specchio della realtà, in qualche maniera, questo è certo. Però devo anche rendermi conto che non è questo un processo semplice, tanto che il materiale sonoro che deriva da certi principi, non è affatto popolare, e se non fosse apprezzato da una cerchia seppur ristretta di affezionati a questo genere, sarebbe destinato rapidamente all’oblio, e ad una totale indifferenza generale del pubblico. Forse tutto ciò è soltanto frutto di questi anni, in cui si vive spesso solo per opposizioni, e ad ogni certezza se ne pone subito un’altra, magari neutralizzando in questo modo qualsiasi possibile risultato. Anche la musica jazz ha un’origine confusa, e dei trascorsi a dir poco complessi, tanto che non sembra si sappia neanche più in quale modo identificarla. Così guardo ancora il sole che tramonta, sopra le case: ci saranno nuovi sviluppi, penso, mentre sento il correre rapido del tempo; devo ormai accogliere l’idea che la musica che ho amato e suonato fino alla vecchiaia, sarà d’ora in avanti soltanto quella del passato, cristallizzata così all’interno della sua epoca; il resto però, voglio pensare forse per comodità, deve essere ancora tutto da inventare.

Bruno Magnolfi

 

Invenzioni legittime.ultima modifica: 2021-12-09T18:19:59+01:00da magnonove
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