Istinto da evitare.

 

Sto già nella mia cameretta, a sistemare le ultime cose per domani, avanti di coricarmi, e riguardo distrattamente un piccolo disegno a matita che ho fatto ieri, tra un servizio e l’altro, in questa villa dove svolgo praticamente l’attività di tuttofare. I coniugi Neri probabilmente si trovano nella loro camera da letto, vista l’ora, proprio dalla parte opposta della villa, e qui da me non giungono rumori. Invece è proprio la signora che arriva di corsa trafelata a chiamarmi, a un certo punto: <<Caterina, per favore, vieni subito>>, mi fa. Infilo le scarpe alla svelta e le vado dietro lungo il corridoio. Il signor Carlo è lì, nell’ingresso, con il telefono in mano, che sembra quasi pazzo mentre cerca di assumere un contegno, o trovare una soluzione a qualcosa, non saprei.  <<Ma che succede>>, chiedo sottovoce alla signora, senza comprendere niente dalla scena. <<Stai con noi>>, fa la signora sul punto di piangere, <<magari ci sarà bisogno di te fra non molto>>. Suonano da fuori, vedo dei lampeggianti, aziono il cancello automatico in fondo al vialetto, dopo che il signor Carlo mi ha chiesto di far entrare subito all’interno di casa le forze della Polizia. Giungono dentro la villa in tre, e rivolgono ai Neri una fila di domande, ma non sembrano affannati, anzi: cercano di riflettere, di comprendere qualcosa che non appare neanche a loro del tutto chiaro. Sembra sia giunta una telefonata di qualcuno che sta tenendo in ostaggio la signorina Franca, ma a me sembra quasi uno scherzo, stento perfino a crederci. Loro prendono degli appunti, installano subito delle apparecchiature elettroniche sul tavolo del salone, e intanto si tengono in contatto con la centrale o con qualcuno che è rimasto fuori sul loro mezzo, con certe altre attrezzature tecniche.

Non si sa bene cosa si stia aspettando, trascorrono dei minuti tesissimi, ma uno di loro dice ad un tratto che il cellulare pur spento della ragazza è localizzato molto vicino, e addirittura in avvicinamento. Non passa molto che giunge in fretta dal cancello della villa uno dei poliziotti rimasti fuori, proprio insieme a Franca, seria e pallida, ma assolutamente in piena salute. La signora Carla perde ogni controllo e si lancia immediatamente ad abbracciarla mentre piange e trema senza alcun ritegno, ma anche il signor Carlo non riesce ad essere particolarmente razionale. Franca viene fatta sedere, dichiara di stare benissimo e che è stato soltanto uno stupido scherzo di un ragazzo mezzo ubriaco di cui adesso non ricorda neppure il nome. Le vengono rivolte ancora alcune domande da parte dei poliziotti, ma poco dopo, vista la loro inutilità nel trattenersi ancora, riprendono rapidamente tutte le strumentazioni e se ne vanno, riservandosi di interrogarla meglio domani mattina nella sede del Comando. Preparo subito una tisana rilassante per tutti quanti, e i signori Neri adesso sembrano ad ogni attimo come sul punto di ridere per niente, o di parlare sguaiatamente a voce alta, quasi gridando, nel tentativo forse di placare la paura che si sono presi.

La signorina Franca invece sembra non avere neppure troppa voglia di star qui: dice soltanto che l’esibizione del suo gruppo di jazz, in quel locale dove suonavano stasera, è andata molto bene, anche se purtroppo le è stata rovinata la soddisfazione da questo scherzo idiota. Suo padre le tiene una mano e la guarda senza riuscire più a staccare gli occhi dal suo viso, e sembra come poco fa una persona del tutto diversa da quella che conosco. Poi dice che per lui quelle telefonate sono state terribili, e che in un attimo ha sentito di perdere tutte le certezze su cui ha sempre fatto forza. <<Devi essere più accorta>>, dice alla figlia, <<e imparare a diffidare delle persone che non conosci bene>>. Franca annuisce, ha lo sguardo a terra, ma non sembra troppo abbattuta, piuttosto è come se stesse facendosi più adulta al’improvviso, direttamente sotto gli occhi di questi suoi spauriti genitori. Quindi tutti a letto, è persino troppo tardi, un buon sonno farà soltanto bene.

Metto a posto le cose, porto le tazze sporche in cucina, riordino le sedie smosse, poi mi ritiro anche io nella mia cameretta. Negli occhi però conservo quelle espressioni spaventate che ho visto questa sera: potrebbero essere i soggetti giusti per un bel disegno, penso, o anche più di uno; qualcosa da iniziare subito, immediatamente. O magari no, rifletto meglio: perché prima deve forse trascorrere almeno un po’ di tempo, in modo da far acquisire, a questi miei pensieri di adesso, una posatezza che adesso non ho, e in maniera che siano capaci di perdere la carica di un segno troppo affrettato. Sarebbero soltanto dei frutti acerbi, altrimenti; persino troppo istintivi.

Bruno Magnolfi

Istinto da evitare.ultima modifica: 2021-11-27T15:03:21+01:00da magnonove
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