Incolmabile distanza.

 

Mio padre fino a questo momento si è mostrato completamente indifferente alle mie attività musicali. Persino il fatto che io sia riuscita a superare l’esame di ammissione al Conservatorio, almeno per ciò che ha fatto vedere, non gli ha provocato alcuna reazione; che poi mi sia addirittura inserita in un gruppo di jazz, e con quello tenti prossimamente di suonare in qualche locale cittadino, forse gli ha suscitato addirittura un senso di silenziosa ripulsa, mescolando insieme in questo sentimento tutte quante le mie attività di pianista. Non ha importanza, già mi aspettavo qualcosa del genere, in ogni caso non voglio farmi influenzare dai suoi sottaciuti giudizi, né in un senso e neppure nell’altro. Porto avanti le cose che mi interessano, perseguo ciò che credo importante, senza tralasciare naturalmente tutto il resto. Ieri ho incontrato di nuovo Simone, il figlio della nostra cuoca, e mi è sembrato abbattuto, come se le cose non gli andassero bene. Non gli ho fatto nessuna domanda diretta, comunque, e lui non ha cercato di spiegare niente di sé. L’ho invitato al jazz club però, spiegandogli che finalmente avrei suonato là dentro col mio gruppo, giusto il prossimo venerdì. Mi è parso interessato, ha detto persino che forse ci sarà.

Anche a mia madre ho accennato che le prove col gruppo erano andate molto bene ultimamente, e che avendo ormai una buona decina di pezzi già pronti, eravamo stati invitati a suonare in un locale specializzato in musica dal vivo del nostro genere. Lei mi ha guardato senza riuscire sull’immediato a formulare un giudizio preciso; poi ha detto però che si sentiva orgogliosa delle mie scelte, e che sperava fossero proprio queste le cose in cui credevo davvero. Sono tornata nella mia stanza a provare qualcosa sul mio piano elettrico indossando le cuffie, ad improvvisare su qualche scala più difficoltosa, poi però ho smesso ed ho ripreso in mano i libri di testo del liceo. Con Lorenzo abbiamo deciso di cambiarci di banco, in maniera da non essere continuamente distratti dalla nostra voglia di parlare sempre di musica. Comunque non mi dispiace per niente sapere che lui sta adesso un paio di file dietro di me, che può vedermi quando gli pare, e magari immaginarmi ogni tanto mentre inseguo con degli accordi sulla tastiera quei difficoltosi tempi dispari della sua batteria mentale. Ci sentiamo molto più vicini adesso, devo dire, naturalmente grazie al fatto di suonare nello stesso gruppo di jazz, questo è il punto; e quindi per evitare che qualche insegnante più attento a certi dettagli iniziasse a prenderci di mira, abbiamo deciso di allontanarci, anche se solo su un piano squisitamente formale.

Mi sento bene, questa è il dato che ritengo più importante. Quando conosco adeguatamente le cose di cui si parla sono subito più sicura di me, e riesco così ad essere anche tranquilla. Le lezioni in Conservatorio sono già iniziate al pomeriggio, e almeno per il momento non mi sembra niente di difficile, anche se ho chiesto, nel caso manifestassi qualche problema, un aiuto da parte del maestro Bottai, che si è mostrato subito disponibile come sempre. Forse in tutto questo quadro, manca qualcosa di importante, ma per il momento non voglio pensarci, e lascio che le cose procedano come per conto proprio, dopo tutte le scelte che ho fatto. Quando sono vicina a Lorenzo mi sento quasi tremare: lo avverto, ogni volta che gli parlo, sempre più simile a me, come avessimo un canale speciale di comunicazione, e poi adoro la sua batteria, tramite lui mi pare addirittura che tutti i ragazzi che incontro siano improvvisamente migliori di come mi sembravano soltanto ieri. Lo ascolto chiacchierare ogni tanto, al cambio degli insegnanti, ma per me sembra quasi inutile con lui usare le parole ordinarie. Abbiamo un nostro linguaggio noi due, quella musica in cui fino ad oggi abbiamo mostrato di credere più che in tante altre cose.

Non so cosa potrà succedere nei prossimi tempi, ma oramai ho abbandonato l’idea di pensare al futuro, cercando di vivere il più possibile questo intenso presente. Resta mio padre, che attualmente sembra parlarmi, quando siamo a tavola, soltanto con dei monosillabi; ma non ha molta importanza: ho sempre sentito di essere molto diversa da lui, prima o dopo lo strappo più forte si sarebbe pur dovuto  manifestare. Non ritengo di fare niente di male: coltivo le mie scelte, cerco di dare corso alle cose in cui credo, penso che questo sia il massimo per le mie possibilità. Poi qualche volta osservo mia madre di nascosto: non posso certo essere come lei, rifletto; c’è una distanza formidabile tra noi, qualcosa che a me pare giusto si manifesti proprio in questo momento, quasi come un divario incolmabile.

Bruno Magnolfi

Incolmabile distanza.ultima modifica: 2021-11-01T18:04:51+01:00da magnonove
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